Toni Servillo fa tappa al Giffoni Film Festival per incontrare i ragazzi e ricordarci, richiamando il tema scelto per la manifestazione per quest’anno, di essere tutti un po’ più umani.

Quando sei Toni Servillo, non sono necessarie molte presentazioni… E infatti, i ragazzi del Giffoni sapevano benissimo chi si trovavano di fronte quando, il 21 luglio 2025, hanno riempito le poltroncine della Sala Truffaut e hanno rivolto la loro curiosità alla vita, al pensiero e alla carriera dell’interprete di Jep Gambardella.
E proprio rispondendo a una domanda su un film di Paolo Sorrentino, L’Uomo in Più, Servillo ne approfitta per rimarcare non solo la grande stima nei confronti del regista de La Grande Bellezza, con cui ha ormai collaborato più e più volte, ma anche l’importanza di avere dei valori.
“Nel suo film d’esordio Paolo Sorrentino manifestava già in maniera evidente questo interesse che lui ha nel raccontare dei personaggi colti nel momento in cui stanno per raggiungere il successo e poi conoscono il declino” spiega.

E riallacciandosi a quanto accade ai personaggi del film, aggiunge: “È molto importante coltivare dei valori, farli propri, e soprattutto poi diffonderli nella società. In questo momento così terribile che attraversiamo soprattutto la vostra generazione, ma anche la mia naturalmente, deve farsi carico di un valore fondamentale che è la vita. Perché da tanti punti di vista la vita viene oltraggiata, viene messa in pericolo, non si dà il diritto alla vita. Si uccide per poco o per nulla, vittime innocenti di qualcosa che sta al di sopra di loro e pagano con la loro vita. Questo è un disvalore. Il cinema deve raccontare anche questo, non può raccontare solo delle buone favole. Forse probabilmente proprio perché si rafforzino certi valori è necessario raccontare come questi valori, a volte, nella vita, vengono vilipesi”.
Un discorso che va a nozze con il tema di Giffoni 55, “Becoming Human – Diventare umani“. Ma come fare? “Questa palestra per diventare umani io la devo tutta alla mia esperienza soprattutto teatrale” rivela.
“Il teatro è una delle ultime esperienze di spettacolo che è totalmente affidata a una condivisione umana; a uno spazio e a un tempo condiviso che è umano; a uno sforzo fisico e intellettuale, a una concentrazione che è umana” spiega poi “Anche le prove mettono alla prova la tua capacità di essere umano, di poter condividere difficoltà, ambizioni, gioie, frustrazioni, fallimenti, successi… E questo lo fai nel periodo in cui provi uno spettacolo. Nel tempo, con queste persone condividi un’esperienza profondamente umana. Esattamente il contrario del condividere delle esperienze nell’abisso di uno schermo. Diventare umani significa condividere anche un tempo“.

E a proposito di condividere tempo ed esperienze, proprio sulla collaborazione con il già citato Sorrentino, con cui ha appena finito di lavorare a un nuovo film, non saprebbe dire cosa la rende così unica: “Abbiamo appena girato il settimo film insieme, e ci divertiamo molto a non darci una risposta a questo [quesito], perché se dovessimo farne un ottavo, dovremmo mantenere questo mistero!“.
“Una volta un produttore cinematografico, un amico, ha usato un’espressione che io ho fatto mia perché la trovo molto giusta… Ha detto che ci siamo fatti del bene reciproco. Il che sottolinea che più che una relazione professionale, ormai, è una relazione umana. Io gli devo molto, e lui sicuramente deve qualcosa anche a me. Ma io gli devo moltissimo perché, pur non essendo stato il regista con cui ho fatto il mio primo film, è stato il primo regista che mi ha offerto l’opportunità di interpretare un protagonista a tutto tondo. Perché è uno straordinario sceneggiatore ancor prima di essere un grande regista, uno straordinario dialoghista, e la sceneggiatura e i dialoghi per un attore sono essenziali, sono la prima cosa“.
“Davvero non lo so” ammette, continuando nella sua disamina “Perché se lo sapessi, significherebbe che abbiamo quella formuletta che applichiamo ogni volta in maniera automatica, e questo sarebbe molto triste. C’è qualche cosa di misterioso. Evidentemente lui sente che io ho una certa docilità nell’adattarmi al suo universo. Qualche volta ha detto che mi considera un suo fratello maggiore. Ha scritto un film in cui interpreto addirittura suo padre. Ci vogliamo molto, molto bene, e ogni tanto sentiamo la necessità di soccorrerci l’uno con l’altro, lui facendo il regista e io l’attore“.

E prima di ricevere il Premio Impact 2025 dalle mani di Claudio Gubitosi, ideatore, fondatore e direttore del Giffoni Film Festival, Servillo rivela ai ragazzi che aspirano a diventare attori di non considerare la recitazione come una carriera: “Non ho mai pensato che questa fosse una carriera. Quando avevo la vostra età, non credevo che questo sarebbe stato il mio lavoro. Capita da ragazzi di coltivare il sogno della scrittura e si tiene un diario, o di comprare un album da disegno e cominciare ad esercitarsi per dipingere. Capita di avere un microfono e mettere su una band con gli amici. Ma io sono stato proprio ferito dalla scoperta del teatro, e ho cominciato a fare teatro a circa 17 anni, con dei compagni di scuola, con cui ho formato la mia prima compagnia. Ma quando dicevo che non pensavo fosse una carriera, l’ho fatto con assoluta libertà, senza aspettarmi niente, perché credo che questa sia una spinta essenziale per fare questo lavoro. Non va interpretata come un’occupazione, perché la società non ti chiede di fare questo. Devi essere tu a scoprire nel tempo se hai un talento, e se questo talento ha qualcosa da dire agli altri che serva agli altri. Questo lo si scopre piano piano. Ma immaginare già che diventi subito un’occupazione con una retribuzione, che diventi un posto… Mi rendo conto che quando ho iniziato io tanti anni fa il mondo era un posto piuttosto diverso, e oggi in tutte le cose è entrato in maniera prepotente, a gamba tesa, il mercato. Per cui tutto costa qualcosa, tutto va venduto. Ecco, chi vuole fare queste cose, secondo me, parte col piede sbagliato“.
E in conclusione, afferma: “Oggi vogliono renderci piatti e farci credere che la finzione di certi orribili “reality” sia vera. L’attore, invece, è l’antitesi di questo: lavora sulla finzione per ottenere la realtà“.

Foto e articolo: Laura Silvestri

