Superman, la recensione: non un’origin story, ma il promettente inizio di un nuovo universo

Superman torna al cinema, senza tuttavia riproporci per l’ennesima volta la storia delle sue origini, e dividendo la critica… Ma cosa ci mostra e ci dimostra, allora, il supereroe dei supereroi diretto da James Gunn?

Attuale, vivace, appassionato: il nuovo Superman è arrivato, e che piaccia o no, è qui per dare una nuova direzione all’universo DC.

Sono passati ormai 12 anni dall’uscita di Man of Steel, il film di Zack Snyder che pure all’epoca aveva creato fazioni tra gli spettatori. L’estetica scura, l’atmosfera angosciante e i toni decisamente più dark della storia non si sposavano esattamente con l’immagine di Superman che avevano in molti, e l’uscita di successivi prodotti ambientati nello stesso universo come Batman v Superman e Justice League (entrambe le versioni) hanno solo aiutato a cementare l’idea che qualcosa non fosse andato per il verso giusto.

E se chiedete in giro, qualcuno tra chi ha già visto la nuova opera di James Gunn vi dirà sicuramente che non è ciò che si aspettava o sperava di vedere neanche in questo caso. Tuttavia, il nuovo Superman ha tanto a suo favore.

A partire da una fotografia molto più luminosa e dei colori più accesi che subito fanno tornare alla mente le pagine dei fumetti, il Superman con protagonista David Corenswet ci mostra già dai primi minuti il grande cuore di cui è dotato, nonché uno dei suoi maggiori punti di forza. E no, sebbene lo sia naturalmente anche lui, lo scene-stealer della pellicola, l’adorabile Krypto The Superdog, non stiamo riducendo tutto al suo personaggio.

Stiamo parlando dell’umanità e della capacità di essere vulnerabili di un eroe che, come metafora per niente sottile ma di certo efficace vuole, da immigrato e da “diverso” deve costantemente guadagnarsi la fiducia di un intero pianeta, fidanzata inclusa (una tagliente Lois Lane interpretata da Rachel Brosnahan), piuttosto diffidente (eppure, a volte, non abbastanza) e dalla memoria abbastanza corta, specialmente dopo le perfide macchinazioni dell’incorreggibile Lex Luthor (portato questa volta sullo schermo da un ficcante e no-nonsense Nicholas Hoult).

Dimenticatevi del tragicomico di “Martha” per indurre personaggi e spettatori a provare empatia: per quanto non manchino elementi grotteschi e scene dal gusto un po’ camp, le emozioni sono spontanee, tangibili, e riscontrabili in una schiera di volti, atteggiamenti e azioni.

E se Gunn ripesca proprio dal materiale cartaceo d’origine alcune delle trovate (la questione “occhiali”, ad esempio, venne affrontata allo stesso modo già negli anni ’70), e sono abbastanza chiare le sue ispirazioni, è il suo inconfondibile stile, nonché i temi a lui cari e riscontrabili in tante altre sue pellicole, a rendere Superman un cinecomic godibile ed entusiasmante. Non perfetto, badate bene. Non inattaccabile. Ma di certo, con un’anima pulsante e più che evidente. Proprio come il suo protagonista.

In Superman, spazio dunque a una varietà di personaggi che, si spera (ma sicuramente) impareremo a conoscere meglio con il tempo – qualcuno ha più occasioni di brillare di altri qui, come ad esempio Mr. Terrific/Edi Gathegi-; spazio tanto alla comicità quanto alla dialogicità; e, soprattutto, spazio all’imperfezione, al rigetto dell’invincibilità e delle certezze più arroganti, e spazio alla convinzione che sono le nostre scelte a far di noi ciò che siamo. Come Superman, in un modo o nell’altro, ci ha sempre dimostrato.

Il nuovo Superman dividerà (e sta già dividendo) il pubblico, ma distanziarsi il più possibile dal Man of Steel di Zack Snyder proponendone quella che per molti aspetti ne è fondamentalmente un’antitesi era forse l’unico modo per far ripartire l’universo DC al cinema, riportando anche un po’ di colore e calore nei cuori degli spettatori.

Superman è dal 9 luglio nelle sale italiane.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Superman 
Durata: 130′
Data d’uscita: 9 luglio
Regia: James Gunn
Con:
David Corenswet, Nicholas Hoult, Rachel Brosnahan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Edi Gathegi
Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Elvis – La Recensione: il Re del Rock ‘n’ Roll torna in vita nel film di Baz Luhrmann con Austin Butler

Il biopic su Elvis Presley diretto da Baz Luhrmann riporta sullo schermo l’anima del Re del Rock ‘n’ Roll grazie a un’incredibile sensibilità creativa ed emotiva e a una straordinaria performance attoriale da parte di Austin Bustler.

Non ci sono mezzi termini per descrivere Elvis l’artista, e non ce ne sono per descrivere il film di Baz Luhrmann dedicato a uno dei più grandi artisti musicali di tutti i tempi. Elvis o lo si ama, o lo si odia. A voi la scelta di intendere l’uno, l’altro o entrambi (ma la risposta ve l’abbiamo già suggerita).

È difficile parlare per assoluti nel mondo dell’arte, dello spettacolo e dell’intrattenimento, e bisogna sempre stare attenti a non concedere troppo terreno alla soggettività quando si elabora un pensiero critico come quello che si dovrebbe normalmente riscontrare in una recensione, almeno secondo la concezione generale e attuale attribuita a questa tipologia di articolo (e su questo argomento ci sarebbe da discuterne a volontà, ma non è questa la sede adatta).

Ma dell’Elvis di Baz Luhrmann – interpretato magistralmente da un Austin Butler che finalmente otterrà un posto fisso nei radar “della gente che conta” in quel di Hollywood dopo questa interpretazione – non si può non conversare in questo modo. Non si può utilizzare mitezza e compostezza per un film che è l’antitesi di tutto ciò che rimane lì, nel limbo tra gli estremi, e non prende una posizione ben precisa.

L’Elvis di Luhrmann e Butler non si scusa con il mondo per il suo modo di restuirgli un’icona in tutta la sua esuberanza, in tutta la sua voglia di arrivare, in alto, sempre più in alto; al pubblico, il suo amato pubblico; e al cuore della musica, quella musica che tanto conforto e disperazione gli ha provocato nel corso degli anni.

Sceglie uno stile visivo e narrativo sui generis e colmo d’ispirazione (luci stroboscopiche, split-screen, ritmi frenetici ma sorprendentemente calibrati all’occasione), Luhrmann, che non tradisce mai sé stesso né il soggetto della sua opera nel raccontarci, a partire dalla figura del Colonnello Tom Parker (un quasi irriconoscibile Tom Hanks), la storia di questo ragazzo che fin da bambino ha fatto delle note musicali il suo mondo, il suo rifugio. Di un ragazzo che ha sempre messo la sua famiglia e la musica davanti a ogni altra cosa, che ha rifiutato di scendere a compromessi quanto più contava, e che se si è fatto ingabbiare da qualcosa, quel qualcosa è stato un solo, unico sentimento: l’amore.

Come Rocketman con Elton John, Elvis ci permette di avvicinarci a una leggenda, e all’uomo dietro di essa. Ci regala sensazionali performance canore, ci fa intraprendere un viaggio in un passato che non è mai veramente passato, che è ancora oggi vivido nelle menti di chi l’ha vissuto, ma anche di chi ne ha solo sentito parlare. Perché chi non ha presente quella folta chioma nera, quei completi a zampa d’elefante dai mille colori, quelle mosse che gli sono valse il soprannome di Elvis the Pelvis…

Ma, al tempo stesso, chi può può dimenticare anche il contesto sociale sociale in cui sono nati? Chi può mai pensare che Elvis possa prescindere dalla sua realtà storica? Di certo non Luhrmann, che riserva un’attenzione minuziosa a questo aspetto nel suo film, tanta quanta ne dedica alla spettacolarità e ai sentimenti.

Elvis diretto da Baz Luhrmann è un film di Baz Luhrmann in quanto regista in tutto e per tutto; è un film di Austin Butler in quanto suo interprete in tutto e per tutto; ed è un film di noi, il pubblico in quanto spettatore di un’accorata epica musicale e personale, in tutto e per tutto (e per tutte le sue due ore e quaranta minuti di durata, che ammettiamo potevano essere leggermente ridotte senza troppe conseguenze).

Elvis è dal 22 giugno al cinema distribuito da Warner Bros. Pictures Italia.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Elvis

Durata: 159'

Data D'Uscita: 22 giugno 2022

Regia: Baz Luhrmann

Con:

Austin Butler, Tom Hanks,
Olivia DeJonge, Helen Thomson

Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Materiali Stampa: Warner Bros. Italia

Tenet – La Recensione

“Non cercare di capire”

Il Protagonista (John David Washington) è coinvolto in una missione segreta per salvare il mondo dalla possibilità più che reale di una Terza Guerra Mondiale, che sarà però di tutt’altra natura rispetto a ciò che ci si potrebbe aspettare. Ed è solo questione di tempo… O no? 

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Il 26 agosto in Italia è il giorno di Christopher Nolan e del suo Tenet, ma per molti è anche il giorno del ritorno nelle sale dopo mesi di lontananza dal grande schermo e dalla fruizione collettiva dei prodotti cinematografici. E non potrebbe esserci miglior scelta per una simile occasione dell’ultimo film del regista di Inception e Il Cavaliere Oscuro.

Avvolto nel mistero fin dal suo annuncio mesi e mesi or sono, Tenet  continua a tenere sulle spine il pubblico anche durante la visione, e al suo termine non aspettatevi certo di aver trovato tutte le risposte (in pieno stile Nolan). La premessa, d’altronde, è proprio quella che vi abbiamo presentato nel titolo della recensione: “Non cercare di capire“. Ma questa è una sfida allo spettatore da parte del regista, che vuole che vi scervelliate per comprendere, per seguire il filo del discorso, per ipotizzare quale sarebbe il corso d’azione migliore, cosa potrebbe andar storto, e trarre delle vostre personali conclusioni. Un gioco che Nolan sa già di vincere in partenza, ma non importa; è il coinvolgimento la chiave.

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Così, come vi ritroverete a ripassare mentalmente tutte le leggi fisiche di vostra conoscenza – che abbiate o meno una laurea in fisica come uno dei personaggi della pellicola – nel tentativo di afferrare e magari anticipare ciò che accadrà, Tenet vi ricorderà invece, a cadenza regolare, di lasciarvi alle spalle tutti i preconcetti e i concetti in vostro possesso, una volontaria provocazione, per l’appunto, che combatterete con ogni fibra del vostro corpo, rendendo ancora più entusiasmante la rinnovata esperienza cinematografica. 

Un’esperienza che, di fatto, non poteva essere vissuta diversamente se non in sala (e non di casa vostra). Perché Tenet è puro cinema non solo in quanto a contenuto, ma anche in quanto a forma: dovete sentire il riverbero dei suoni sotto i vostri piedi; dovete essere catapultati sul campo di battaglia assieme ai personaggi; dovete immergervi fino in fondo nel mondo creato da Nolan e sentire il tempo scorrere in direzione opposta alla vostra lì, su quella poltroncina, in mezzo a tutti gli altri spettatori (con la dovuta distanza di sicurezza) catturati anch’essi dalla storia che viene raccontata sullo schermo. La storia del Protagonista, ma anche la vostra. 

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Ecco allora che Tenet è sì un esperimento riuscito; sì un film che cattura e che, nonostante non renda certamente facile il gioco della comprensione, non estrania lo spettatore, ma lo rende parte del tutto. E con una buona dose d’humor, un’azione spettacolare, e delle interpretazioni come quelle di Washington e Robert Pattinson – ma anche Kenneth Branagh, sebbene un po’ sopra le righe in alcuni momenti (combinazione dovuta al personaggio stesso e al doppiaggio, probabilmente), Elizabeth Debicki (che forse, in determinati punti, potrebbe invece dar prova dell’opposto con quel suo fare estremamente controllato) e Aaron Taylor Johnson (vera “sorpresa” della pellicola) -, non poteva certo essere altrimenti.

Vi lasciamo, dunque, con una sola parola: Tenet. Fatene buon uso.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale:
Tenet

Data di Uscita: 26 agosto 2020

Durata: 150'

Regia: Christopher Nolan

Con:
John David Washington, Robert Pattinson,

Elizabeth Debicki, Kenneth Branagh,

Aaron Taylor Johnson, Michael Caine

Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Birds Of Prey – La Recensione

La Mano Vincente

Harley Quinn (Margot Robbie) e il Joker si sono lasciati, e ora che la ragazza non è più sotto la protezione di quest’ultimo, tutta Gotham le dà la caccia, inclusi il magnate figlio di papà Roman Sionis (Black Mask) e la detective Renee Montoya (Rosie Perez). Intanto, la strada di Harley e quella di altre gentildonne, come Dinah Lance (Jurnee Smollett-Bell), Cassandra Cain (Ella Jay Basco) e Helena Bertinelli (Mary Elizabeth Winstead), si incrociano.

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A differenza di Suicide Squad (2016), Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn) il biglietto del cinema lo vale tutto. Ma perché esordiamo proprio mettendo a paragone i due titoli, oltre che per l’ovvia connessione di fondo? Perché Birds of Prey è tutto quello che il suo “predecessore” non è riuscito ad essere.

Ma non facciamo come Harley, e partiamo dall’inizio. BOP è uno standalone, come ci tengono a precisare i produttori e la regista Cathy Yan, e per questo non vi saranno particolari collegamenti con altri film DC eccetto qualche easter egg e, ovviamente, la situazione di base. Ma non aspettatevi di vedere sullo schermo il Joker di Leto.

Mr J., però, è un tassello importante della pellicola, perché è solo esorcizzandolo e liberandosi della sua ombra che Harley potrà andare avanti per la sua strada. Una strada irta di ostacoli e figure che ce l’hanno a morte con lei per tutto quello che ha combinato sotto l’ala del Clown Prince di Gotham, e che ora non hanno più alcun timore di mostrare tutto il loro rancore nei confronti della Dottoressa.

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E dunque la nostra Harley si ritroverà in un mare di guai, e assieme a lei anche la ladra adolescente Cassandra Cain, la cantante/autista di Sionis Dinah Lance, la detective della polizia di Gotham Renee Montoya e l’assassina solitaria Helena Bertinelli. Oh, e una iena dal nome davvero simpatico (non ve lo spoileriamo).

BOP ci trasporta quindi nuovamente a Gotham, ci mette davanti un gruppo di donne alquanto eterogeneo, accompagnato da una colonna sonora che riprende grandi successi della musica e li rielabora a seconda dell situazione, e con un vivace impianto visivo ci racconta le folli vicende di Harley e compagne. Ma tutto questo non viene mai rappresentato in maniera banale, e soprattutto, ha una sua logica, come un suo tono e una sua estetica.

Per prima cosa, essendo fondamentalmente la storia dell’emancipazione di Harley, come da titolo, il suo è ovviamente il personaggio più sviluppato, e con il carisma della Robbie,  non può che bucare lo schermo. È facile empatizzare con Harleen Francis Quinzel a.k.a. Harley Quinn quando le altre ragazze sparlano di lei; è facile empatizzare con HQ quando cerca conforto e compagnia in un nuovo “animaletto domestico”; è facile empatizzare con HQ quando tutto ciò che vuole è mangiarsi un gustoso panino; e lo è anche quando fa di tutto per salvarsi la pelle.

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Ma, come sostiene la stessa Quinn, Harley non è l’unica donna di Gotham in cerca di emancipazione. E nel presentarci una a una le new entry del film, la Yan riesce a mandare un chiaro messaggio di empowerment femminile, senza mai appesantire il racconto, senza sbandierare l’intento, senza “marciarci sopra”. Tutto ciò che c’è di femminista nella pellicola, non è inserito per puro politically correct o eccessivo zelo, ma è anzi ben congegnato e funzionale alla storia, oltre che di particolare effetto. Basta prendere una Dinah o una Renee per rendersene conto.

Chi, forse, ne esce un po’ malconcio da tutta la vicenda è il Black Mask di McGregor, che nonostante l’ottima interpretazione dell’attore, a volte scade un po’ troppo nella caricatura. Ma è un dettaglio minore, perché riesce comunque a inquietare non poco l’audience nei momenti in cui è richiesto.

A livello visivo, dicevamo, BOP è un trionfo di colori, ma mai usati a caso. Costumi e scenografie sono assolutamente centrati, e calzano a pennello. Le scene d’azione, poi, sono davvero entusiasmanti, con delle sequenze coreografate in maniera estremamente accattivante. Per completare il tutto, una soundtrack che è l’opposto di quella di Suicide Squad, pur avendo portato avanti un’operazione simile (anche se Suicide Squad tentava più di di imitare i Guardiani della Galassia, che di raccontare una storia attraverso la musica): ogni brano è ficcante sia su un piano contenutistico che formale, e coinvolge ancora di più lo spettatore nella vicenda.

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Scanzonato, ma al punto giusto, Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn) fa dunque parte di quella mano vincente – assieme a Wonder Woman e a Shazam! ( e Joker, che però è un discorso un po’ a parte), e si spera alle alle altre pellicole in arrivo – che la DC Films e la Warner Bros. sono riuscite a pescare dal catalogo cinecomic. Il nostro augurio è che il gioco continui in questa direzione.

Dal 6 febbraio al cinema.

Laura Silvestri

Info 

Titolo Originale: Birds Of Prey 

(and the fantabulous emancipation of one Harley Quinn)

Data di Uscita: 6 febbraio 2020

Durata: 109'

Con:

Margot Robbie, Ewan McGregor

Jurnee Smollett-Bell, Mary Elizabeth Winstead

Rosie Perez, Ella Jay Basco

Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Western Stars – #RFF14

Sullo schermo, un serafico Bruce Springsteen che ci appare come il saggio cantastorie per eccellenza, di quelli che sanno dare sempre un ottimo consiglio, se li si sa ascoltare; nelle orecchie, parole e armonie che scaldano il cuore, lasciando in cambio dolorose scottature; in maniera quasi miracolosa, Western Stars è la perfetta evocazione, sotto tutti gli aspetti possibili, di quest’ultimo e omonimo album del Boss, racchiudendo al suo interno, senza temere smentita, la vita nella sua piena interezza e complessità.

Tredici tracce, tredici racconti attorno al fuoco (o meglio, alla luce soffusa di un granaio alla vecchia maniera); la voce icona di intere generazioni sostenuta non solo da una sontuosa orchestra ma anche dalla compagna di sempre, l’amata moglie Patti Scialfa, che sembra ricordare elegantemente che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna; come ultimo tocco, una regia, in collaborazione con l’amico Thom Zimny, prepotentemente affascinante, piena di colori vivi e vastità bucolica.

I personaggi che Springsteen porta in vita – lo stuntman che rincorre l’ignoto, quel ragazzo che fugge da un amore mal finito, la star caduta ormai in disgrazia – ci raccontano tantissimo di lui e del suo vissuto, ma soprattutto ci raccontano di noi, di ciò che siamo e potremmo essere in quanto individui.

Ogni singolo brano riesce ad avere un suo mondo ben definito, ed allo stesso tempo tutti insieme compongono un immaginario comune, unico ed estremamente coeso, fatto di lunghi tragitti in auto, cuori spezzati e passati turbolenti che sottotraccia inneggia all’importanza della fiducia, al bisogno di avere fede e al coraggio di aprirsi un varco al di fuori della solitudine; ma è un inno soprattutto all’essenza americana – pur andando, certo, al di là dei confini.

Più che un film un’esperienza, un’occasione di raccoglimento in grado di produrre tante risposte quante domande, e di spostare l’asticella dell’attenzione verso gli aspetti più essenziali e genuini della vita, al di fuori della frenesia che attanaglia tutti i nostri giorni.

Cristiana Carta

Motherless Brooklyn- #RFF14

La 14a edizione della Festa del Cinema di Roma apre in maniera ufficiale le danze portando un piccolo gioiellino, che vede Edward Norton per la seconda volta (e dopo quasi vent’anni) dietro la macchina da presa.

New York anni ‘50, Jazz e atmosfere soffuse ci portano dritti all’interno di una classica Detective Story coi toni del noir; in questo contesto incontriamo il nostro protagonista: Lionel (interpretato dallo stesso Norton). È senz’altro un tizio peculiare, Lionel, che sembra esserci finito per caso in questo ambiente fatto di intercettazioni, pedinamenti e gente poco raccomandabile; a caratterizzare qualsiasi suo stato d’animo così come qualsiasi sua reazione al mondo esterno è la sindrome di Tourette, un disturbo  che comporta  manie ossessivo-compulsive unite a dei numerosi tic involontari (spesso sotto forma di colorite frasi oscene).

Frank Minna (Bruce Willis) è l’uomo che lo ha raccolto quando era un ragazzino orfano, rendendolo poi parte della sua “squadra investigativa” e assumendo per lui il ruolo di figura tutelare, ma Minna muore in circostanze tragiche, e Lionel dovrà risolvere una brutta faccenda rimasta in sospeso; ma forse ha ancor più bisogno di risolvere sé stesso, reso un puzzle distorto di emozioni dalla morte del mentore.

“Motherless Brooklyn” è il soprannome affibbiato a Lionel; non è un caso che ad essere “orfani”, senza una guida e senza un punto fermo, siano sia l’uomo che la città, una città che ormai si trova in mano ad amministrazioni corrotte e meschine; così, nei club fumosi dei bassifondi di Brooklyn,  l’investigatore dai mille tic arriverà a capo di una faccenda più grande di quanto si potesse pensare, che vede coinvolta suo malgrado la bella attivista Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw)…

Tra un’imprecazione e un improvviso movimento convulso, tra quei “If!” ripetuti ossessivamente (“Se”, “se”, e se…) si disvela una disarmante, straziante dolcezza, fatta di sguardi teneri, e di un bisogno costante di chiedere perdono per la sua condizione, che fa eco ad un disperato bisogno di essere accettato e tollerato; quella di Lionel è un’anima che si svela come non mai in quel ballo con Laura, proprio lì, in quel locale, in quel momento, dove i suoi tic e le sue manie sembra quasi poterli dimenticare.

Norton si è voluto ritagliare in questa pellicola un personaggio articolato, un personaggio indimenticabile, con un cuore talmente bello e puro che rende impossibile non affezionarsi; ma  sarebbe ingiusto non menzionare, nell’ottimo cast, Alec Baldwin, col ruolo del ministro Moses Randolph: si trova certamente a suo agio nei panni del politicante tarchiato e pieno di arroganza, pronto a dire qualsiasi assurdità per raggiungere lo scopo (come non ricordare le sue imitazioni di un certo Donald…).

Motherless Brooklyn è davvero una pellicola-gioiello, impreziosita da una colonna sonora che si fa apoteosi di quel cool jazz da bassifondi tipico dei film di genere, ma sarà Daily Battles (composta da Thom Yorke in collaborazione con Flea), senza dubbio alcuno, a rimanere nella vostra testa e nel vostro cuore.

Cristiana Carta

Escape Room – Muori Dalla Voglia Di Giocare… In DVD!

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Sei individui senza apparenti connessioni tra loro rimangono intrappolati in una finzione sin troppo reale: dopo aver ricevuto delle misteriose scatole di forma cubica, vengono convinti dagli altrettanto misteriosi artefici dell’enigma a prender parte ad una escape room. Quello che però non sanno, è che saranno le loro stesse vite ad essere in gioco.

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Ve ne parlavamo ai tempi dell’uscita in sala del film, e ve ne torniamo a parlare oggi in occasione della sua recente release home video: Escape Room di Adam Robitel è la pellicola ideale per passare un pomeriggio all’insegna del puro intrattenimento.

L’edizione in DVD dell’horror thriller contiene un disco che comprende film e contenuti speciali, con cinque tracce audio disponibili (Inglese, Inglese per non udenti, Italiano, Russo e Ucraino) e sottotitoli in dodici lingue (Inglese, Inglese per non udenti, Italiano, Russo, Ucraino, Danese, Estone, Finlandese, Lettone, Lituano Norvegese e Svedese).

La durata del lungometraggio è di 96 minuti, in Anamorphic Widescreen 2.39:1, mentre tra i contenuti speciali potete trovare, tra quelli elencati qui sotto, anche un inizio e un finale alternativo per la storia.

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Ma vediamo cosa ci riserva la sezione degli extra.

Contenuti Speciali

Gioco, Set, Partita

Il primo tra i contenuti speciali riguarda il luogo dove avviene la magia, ovvero il set.

«Questi set sono un’incredibile ispirazione, ogni volta che entravi in uno di questi posti e vedevi il lavoro che c’era dietro… Volevi solo esserne all’altezza; non volevi sprecare tutto il lavoro di pre-produzione che c’era dietro per una performance che non era all’altezza» spiega Deborah Ann Woll (Amanda Harper).

«I precedenti film di Adam sono piuttosto spaventosi. Quindi credo sia piuttosto bravo nel creare quel tipo di ambiente minaccioso e claustrofobico» aggiunge Ed Thomas, scenografo del film.

Preparatevi dunque a fare un viaggio attraverso la maestria e le tecniche di illusione che aiutano a costruire l’atmosfera di Escape Room.

Gli Unici Sopravvissuti

La seconda featurette vede i membri del cast parlare della propria esperienza durante le riprese del film, e la produzione si unisce al coro.

«Mi hanno strangolato a morte. Sono stato strangolato a morte così tante volte in questo film… Non una, non due, forse tre, quattro volte, o chi lo sa, anche fuori campo!» racconta Logan Miller (Ben Miller) gesticolando.

E dato che c’è sempre una prima volta, come dice il proverbio, Nick Dodani (Danny Khan), che non aveva mai nuotato prima, è stato addirittura “trascinato tre metri sott’acqua” per la scena in cui il suo personaggio cade nel ghiaccio: «Ero lì a morire sott’acqua!» ricorda scherzosamente Dodani.

Scene Eliminate

Il successivo extra propone agli spettatori le scene eliminate del film, più l’inizio e il finale alternativo che vi avevamo anticipato. Vi riportiamo solo i titoli delle scene per non rovinarvi la sorpresa.

– Introduzione alternativa
– Ben al negozio di liquori
– La moto di Jason
– Flashback a specchio esteso
– Jason in ufficio
– Tecnico e Zoey
– Gaslight esteso
– Finale alternativo
– Lo Farai Mai

Trailer

L’ultimo dei contenuti speciali è il trailer di Searching, il film scritto, diretto e prodotto da Aneesh Chaganty e con protagonista John Cho (David Kim) un padre alla disperata ricerca della figlia scomparsa. L’intera vicenda è mostrata dalle telecamere degli apparecchi elettronici presenti nella scena, come pc e smartphone. La pellicola fu presentata al Sundance Festival dello scorso anno.

La Redazione

Info 

Titolo Originale: Escape Room 

Durata: 99' 

Regia: Adam Robiole 

Con: Taylor Russell, Logan Miller, Deborah Ann Woll, Jay Ellis, Tyler Labine, Nik Dodani, Yorick van Wageningen 

Distribuzione: Warner Bros.
Materiali Stampa: Universal Pictures Home Entertainment