Diabolik – Ginko all’attacco! Ovvero l’importanza di andare al cinema

Diabolik torna sul grande schermo con la seconda avventura targata Manetti Bros., un nuovo volto (quello di Giacomo Gianniotti) e la promessa di un ulteriore appuntamento cinematografico. Questo è Diabolik – Ginko all’attacco!

Il 17 novembre arriva nella sale Diabolik – Ginko all’attacco!, secondo film dedicato al ladro dai mille volti nato dalla fantasia delle sorelle Giussani. E anche questa volta sono due fratelli a dargli vita sul grande schermo, i Manetti Bros., che dirigono il sequel-non-sequel con protagonista Giacomo Gianniotti (subentrato nel ruolo dopo l’addio di Luca Marinelli, interprete del personaggio nella precedente pellicola).

Questo film non è un seguito, non è un sequel. Diabolik è un personaggio come James Bond, Batman, Sherlock Holmes, ovvero personaggi universali, e quindi l’idea è quella di raccontare un’altra storia, di realizzare un altro film. Quindi per noi non è un sequel, ma semplicemente un altro film” spiega Marco Manetti durante la conferenza stampa in occasione della presentazione del film a Roma, nella splendida cornice del nuovo Cinema Barberini.

E in effetti i connotati di “un altro film” come lo intende Manetti, Diabolik Ginko allattacco li ha, a partire per l’appunto dal diverso interprete per Diabolik. Ma portando la stessa firma del precedente, vi è continuità nello stile, nel tono, e va detto, anche in ciò che non funzionava con il primo lungometraggio.

Il ritmo prolisso, l’impostazione rigida, l’eccessiva esposizione dei fatti e quel tocco in più di kitsch che sfocia nell’eccesso non aiutano l’assimilazione di un film che, dal punto di vista estetico, dà invece tanto e dimostra tutta la maestria italiana nell’ambito della settima arte.

Se, infatti, la pellicola va premiata per restituirci una così fedele rappresentazione visiva di ciò che era il Diabolik dei fumetti e del suo spirito (l’albo che funge da ispirazione qui è il sedicesimo), se vanno assolutamente elogiati dipartimenti come quello dei costumi e della scenografia, se possiamo udire delle musiche scelte ad hoc – in questo film, oltre all’operato di Pivio e Aldo De Scalzi abbiamo anche il contributo di Diodato con un brano originale composto appositamente per il lungometraggio – abbinate anche alle distintive coreografie di Luca Tommassini, si fa ancora fatica a giungere al termine di quei 111 minuti senza remore, senza pensare che non si potesse sistemare (più di) qualcosa qua e là (specialmente in termini di dialoghi).

Per quanto riguarda i protagonisti della vicenda, Gianniotti si dimostra un Diabolik più calato nel ruolo e meno stoico di quello di Marinelli, e Miriam Leone conferma il suo essere la scelta perfetta per la parte di Eva Kant, che anche qui trova il modo di risaltare rispetto ad altre figure e si impone come uno dei migliori personaggi del film; sembrano funzionare in buona misura anche le nuove aggiunte, come il personaggio interpretato da Alessio Lapice, Roller, e la Duchessa Altea di Monica Bellucci, che ci permette di vedere un altro lato del Ginko di Valerio Mastandrea (tuttavia quest’ultimo, sebbene questa volta sia addirittura tra i personaggi titolari, paradossalmente sembrava brillare di più e sostenere maggiormente il peso della pellicola nel precedente appuntamento cinematografico).

Non dimentimentiamoci infatti di uno dei temi principali della pellicola, come rimarcano anche gli stessi registi: si tratta un film all’insegna dell’amore, dell’amore tra Ginko e Altea, ma anche di quello tra Diabolik e Eva, entrambi messi costantemente alla prova dalle circostanze, ma con differenti declinazioni ed esiti.

Nel primo film Diabolik impara ad amare, incontrando Eva. Questa era la storia del precedente capitolo, in cui un essere disumano e glaciale come Diabolik incontra questa donna totalmente complementare a lui che gli insegna l’amore, e nel secondo Giacomo (Gianniotti) gli ha dato quell’anima che c’era bisogno che in questa storia ci fosse. Per cui questo è un Diabolik che ama e che si contrappone alla coppia di Ginko e Altea, che si amano tantissimo, ma che schiavi dell’immagine, delle regole della società, non possono esprimere il loro amore con la stessa libertà di Diabolik ed Eva” conviene ancora Marco Manetti.

É pertanto interessante vedere sullo schermo l’evoluzione di personaggi appartenenti ad un’epoca differente, con caratteristiche chiaramente anacronistiche rispetto ad oggi, ma in un qualche modo sempre impregnati di universalità, in cui ci si può sempre, almeno in parte, rispecchiare (speriamo non quella della propensione alle rapine e le uccisioni, chiaramente).

Diabolik – Ginko all’attacco! non sarà forse una delle visioni più scorrevoli che potreste trovare in circolazione, dunque, ma oggi più che mai non sbaglieremmo nel dire che è estremamente importante dare una chance a questo titolo, perché al di là di quelli che possono essere i suoi difetti (percepiti o effettivi), rappresenta comunque un grande passo avanti nella produzione cinematografica italiana.

Se vogliamo che il cinema nostrano progredisca, se vogliamo che osi di più, che non ci offra solo cinepattoni e simili (i quali, nonostante tutto, non si possono privare dei loro meriti), se vogliamo pensare in grande e fare altrettanto, non si dovrebbero ignorare produzioni come Il Primo Re o lo stesso Diabolik – per prendere come riferimento due diversissimi prodotti del cosidetto cinema di genere di fattura italiana – e ovviamente sarebbe augurabile non ignorare il secondo e il terzo film (quest’ultimo già girato e prossimanente in arrivo) dedicati al ladro dagli occhi di ghiaccio.

Poi, naturalmente, ognuno fa quel che vuole, ci mancherebbe. Ma andare al cinema è difficilmente una cattiva idea, non trovate?

Diabolik – Ginko all’attacco! è dal 17 novembre al cinema grazie a 01 Distribution.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Diabolik - Ginko all'attacco!

Durata: 111'

Data D'Uscita: 17 novembre 2022

Regia: Manetti Bros.

Con: 

Giacomo Gianniotti, Miriam Leone,
Valerio Mastrandea, Monica Bellucci,
Alessio Lapice, Linda Caridi

Distribuzione: 01 Distribution

Materiali Stampa: 01 Distribution  

Il Primo Re – La Recensione

Rivincita Italiana

Prima dell’Impero capace di conquistare terre e popolazioni di ogni dove, prima delle battaglie dei centurioni e delle grandi spedizioni, la storia ricorda due fratelli, i cui destini rimarranno inesorabilmente legati fino alla creazione di quella che un giorno sarà la Città Eterna. Questa è la storia di Romolo e Remo. «Questa è Roma».

foto-il-primo-re-1-high

È inutile negarlo: da diversi decenni a questa parte, le produzioni italiane sono raramente viste come degne concorrenti di quelle straniere, soprattutto quando si tratta di affiancarle a quelle Made in Hollywood, e specialmente nel caso del cinema di genere.

Perché allora rischiare tanto con Il Primo Re?

«L’idea nasce – insieme ad Andrea Paris, che ha prodotto con me il film, e assieme agli sceneggiatori (Filippo Gravino e Francesca Manieri) – dalla volontà di cercare una storia che avesse ovviamente un sedimento nella nostra cultura, nel nostro passato, ma che allo stesso tempo tempo fornisse l’occasione per realizzare questo tipo di racconto: un racconto fortemente cinematografico, con tante chiavi di lettura, ma anche con elementi action spettacolari che spesso, appunto, in Italia non vengono adoperati, ma come invece ha fatto la nostra cinematografia in Veloce Come Il Vento. Nelle maniere più diverse, in Italia il genere è sempre esistito. Questo film forse è qualcosa di più, nel senso che utilizza il genere per parlare e per realizzare un racconto complesso, sentimentale, che ci parla del presente; però in qualche modo senza perdere la sua italianità, nel senso che è un film realizzato con capitali provenienti da tutto il mondo, però in Italia, da maestranze italiane, con una costruzione produttiva basata e realizzata dal nostro paese. Il mio auspicio è che possa essere un elemento in un percorso di rinnovamento nella nostra cinematografia perché credo che, forse, esiste (speriamo) un pubblico che abbia voglia di vedere storie diverse» spiega il regista, Matteo Rovere, in conferenza stampa.

foto-il-primo-re-5-high

Da questo punto di vista, Il Primo Re centra sicuramente l’obbiettivo, provando, con grande maestria, come anche l’Italia – un tempo tra i maggiori produttori di kolossal cinematografici, come Cabiria, La Caduta Di Troia e Quo Vadis? – possa aspirare (nuovamente) a “viaggiare tra le stelle”, magari creandosi una galassia tutta sua.

Una galassia di cui Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi) potrebbero essere gli iniziatori, come di Roma furono i fondatori. I due, legati dal filo rosso del destino e sottoposti, volenti o nolenti, alla crudeltà – o benevolenza, che dir si voglia – degli antichi Dei (o, se non altro, alla convinzione di essa), fungeranno da archetipo – come sostiene anche la Manieri – che caricherà di una forza tale la storia, da far sì che la parola vada «in sottrazione».

Il proto-latino utilizzato per i dialoghi – ricostruito grazie ad una ibridazione tra indoeuropeo e ciò che si aveva di un latino “fon-dativo, pre-romano” – scandisce le poche, essenziali battute della pellicola, conferendo un’aurea di misticità e autenticità al racconto. Non lasciatevi spaventare dall’assenza della lingua italiana come la conosciamo oggi. A parlare saranno i volti, gli sguardi, i gesti, le azioni dei personaggi – abilmente interpretati da alcuni tra quelle che possiamo definire senza indugi le promesse del cinema italiano -; la presenza della natura, del paesaggio circostante si avvertirà prepotente e condannatrice; la fede, le credenze, le convinzioni di un popolo che non ancora poteva definirsi tale, ma che apprenderà come questa sia l’unica modalità di sopravvivenza, asserirà tutto ciò che c’è da asserire.

foto-il-primo-re-3-high

«Ero terrorizzato all’idea di recitare in (proto)latino. Quando Matteo mi ha detto “guarda vorrei farlo in proto-latino” ho risposto “vabbè… facciamolo in proto-latino…”» racconta Borghi con sguardi eloquenti. «Ci siamo confrontati tantissimo, ogni cosa è stata oggetto di lunghe chiacchierate tra me, Matteo e Alessio […] Penso anche al finale del film. C’erano un milione di modi diversi di raccontarlo, e farselo raccontare, alla fine abbiamo scelto questa chiave […] C’è stato un lavoro molto attento. Matteo è completamente matto. Sa tutto, qualunque cosa, e te la argomenta sempre in una maniera tecno-didattica. Roba che tu stai lì e dici “oddio, che cosa ha detto adesso?”. Una cosa brutta, davvero» continua scherzando «però poi serve. E la lingua è diventata, secondo me, una delle chiavi fondamentali di questo film. Adesso non posso assolutamente immaginarlo recitato in un’altra lingua; è impossibile».

Se quindi verosimiglianza – anche in fatto di ricostruzione storica -, credibilità ed intensità sono i punti forti de Il Primo Re, un piccolo appunto va necessariamente fatto alla rapidità d’esecuzione di alcune scene chiave, in cui avremmo forse preferito vedere dei cambiamenti meno repentini a livello comportamentale e di sviluppo caratteriale; ma che, tuttavia, al fronte della modalità di realizzazione dell’intera opera, non ne inficia il risultato finale.

Osate, dunque, come hanno osato coloro che hanno creduto in questo progetto. Credete nella produzione italiana, e credete in questa produzione italiana. Che, nel peggiore dei casi, sarà un’utile lezione di storia. Della nostra civiltà, ma anche del nostro cinema.

locandina-il-primo-re-high

Il Primo Re, prodotto da Groenlandia, Rai Cinema e Gapbusters, in associazione con Roman Citizen e distribuito da 01 Distribution sarà al cinema dal 31 Gennaio.

Laura Silvestri

Info 

Titolo Originale: Il Primo Re

Durata: 119'

Data di Uscita: 31 Gennaio 2019

Regia: Matteo Rovere

Con: 

Alessandro borghi, Alessio Lapice, 
Tania Garebba 

Distribuzione: 01 Distribution