Thor: Love and Thunder – Amore, dolore, avventure (e capre urlanti) nel nuovo film Marvel con Chris Hemsworth e Natalie Portman

Chris Hemsworth e Natalie Portman sono le incarnazioni del Dio del Tuono nel nuovo film del MCU diretto da Taika Waititi, Thor: Love and Thunder, che vede anche il ritorno di Tessa Thompson nel ruolo di Valkyrie e il debutto di Christian Bale nei panni di Gorr il Macellatore di Dei.

Con tutto quello che sta succedendo nel Marvel Cinematic Universe, era da un po’ che non davamo un’occhiata a quello che sta combinando il Dio del Tuono, ma grazie al quarto capitolo della saga, Thor: Love and Thunder, ci troviamo di fronte a una miriade di Dei e non uno, ma ben due Thor, e ragazzi, se non hanno avuto da fare anche loro!

Mentre un semplice ma efficace incidente scatenante mette in moto la storia – Gorr il Macellatore di Dei, il riuscitissimo villain interpretato da Christian Bale (con cui sarà particolarmente difficile non empatizzare, almeno in parte), tiene fede al suo nome e ci mostra come è diventato tale facendo strage di ogni divinità che incontra sulla sua strada -, il film si incarica di spogliare (anche letteralmente, come avete visto dai trailer) i suoi protagonisti, con un Thor (Chris Hemsworth) che rifugge dai sentimenti per paura di restare nuovamente ferito e solo, e una Jane Foster (Natalie Portman) alle prese con una delle battaglie più difficili che la vita possa riservare, una malattia che sfugge al controllo umano.

Jane sta affrontando una sfida estremamente ardua e terrificante. E il suo modo di farlo è cercare di mantenere una certa agency, un minimo di capacità d’azione su qualcosa che è in realtà al di fuori del suo controllo” spiega Natalie Portman durante la conferenza stampa italiana di Thor: Love and Thunder, e ringrazia di cuore Taika Waititi, Kevin Feige e il resto della produzione per aver riportato sullo schermo “una donna ebrea, quarantenne alta un metro e sessanta, madre di due figli” per interpretare ancora questo personaggio così sfaccettato, e di averle dato l’opportunità di vestire i panni di una supereroina.

Supereroina che, seppur alle prime armi, non se la cava certo male contro la minaccia rappresentata da Gorr, e che non sfigura affatto di fianco ai già rodati Thor di Hemsworth e Valkyrie (Tessa Thompson) e all’esilarante Korg (Waititi) che non manca mai di lasciare il segno. Da un punto di vista narrativo, sono loro gli agganci emotivi del film, ma c’è spazio anche per diverse comparse (tornano Matt Damon, Sam Neill e Luke Hemsworth con i cameo che potreste ormai aspettarvi da loro, ma anche altre star più o meno annunciate, a partire dallo Zeus di Russell Crowe) che a seconda dei casi si ritrovano (quasi) a rubare la scena.

Sul piano formale e contenutisco Thor: Love and Thunder si dimostra un degno e coerente erede di Thor: Ragnarok – molto più di altri sequel nei confronti dei propri predecessori – pur lasciando spazio a nuovi spunti in entrambi i campi (noterete, ad esempio, delle trovate cromatiche alquanto ficcanti, per le quali bisogna ringraziare anche il direttore della fotografia Barry Baz Idoine).

Sperimenta ancora, Taika Waititi – anche co-autore della sceneggiatura assieme a Jennifer Kaytin Robinson -, si diverte a mischiare elementi visivi, musiche e tematiche, portandoci in giro per l’universo in un una fiaba cosmica, un viaggio all’insegna della ricerca d’identità, del superamento del dolore e, soprattutto, dell’amore, ma sempre con quella caratteristica ironia che contraddistingue le pellicole Marvel, e in particolare quelle targate proprio Taika Waititi.

Un’ironia gentile, mai a discapito di qualcun altro, osserva Portman: “Il suo è quel tipo di humor che richiede più intelligenza, perché è davvero difficile essere così divertenti e in modo così bizzarro, ma mantenendo sempre delle emozioni incredibilmente genuine e una tale generosità“. Chi, d’altronde, riuscirebbe a riprendere degli elementi mitologici e consegnarceli in una veste tanto inaspettata quanto esilarante – sì, parliamo (anche) delle capre urlanti che anticipavamo nel titolo -?

Che poi si siano divertiti tutti un mondo a girare Thor: Love and Thunder, è qualcosa di evidente in ogni momento del film, e le parole dell’attrice Premio Oscar arrivano solo a ribadire tale concetto: “Girare questa pellicola è stato un grande promemoria di quanto il nostro lavoro si basi sul gioco e sull’immaginazione. […] Per me ciò che vedete sullo schermo è stato frutto di una combinazione di preparazione e lasciarsi andare” afferma, aggiungendo che, come d’altronde accaduto con Ragnarok, anche qui molto è stato ottenuto grazie all’improvvisazione, una pratica più che incoraggiata da Waititi sui suoi set (“Taika è sempre alla ricerca di qualcosa di diverso in ogni scena“).

E chissà se anche il pubblico si divertirà un mondo a guardare le nuove avventure di Thor, anzi, dei Thor…

Thor: Love and Thunder è già al cinema (e ricordatevi, come sempre, di rimanere anche durante e dopo i titoli di coda!).

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Thor: Love and Thunder

Durata: 119'

Data D'Uscita: 6 luglio 2022

Regia: Taika Waititi

Con: 

Chris Hemsworth, Natalie Portman, 
Christian Bale, Tessa Thompson 

Distribuzione: Disney

Materiali Stampa: Disney 

Piccole Donne – La Recensione

La bellezza della semplicità

Questa è la storia di Jo, Amy, Meg e Beth March. La storia di quattro ragazze, quattro sorelle, che non potrebbero essere più diverse tra loro, ma tutte con sogni, desideri, aspirazioni e un grande cuore. La storia di Piccole Donne. 

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Il 2019 è stato un anno di grande produttività per il cinema, non tanto a livello quantitativo – potrebbe anche essere, non ci siamo messi a far di conto -, quanto a livello qualitativo.  Questa Award season, rispetto a quelle immediatamente passate, è caratterizzata da un’insolita incertezza, che se non si conoscessero (o, almeno, intuissero) molti dei meccanismi dietro le assegnazioni dei premi, e ci si basasse solo sui criteri il più possibile oggettivi e meritocratici (per quanto si possa essere oggettivi nel giudicare l’arte), sarebbe davvero arduo decretare un solo e assoluto vincitore per ogni categoria.

In questo discorso rientra perfettamente il Piccole Donne di Greta Gerwig.  L’ultimo adattamento dell’opera cartacea di Louisa May Alcott per mano della regista di Lady Bird è un notevole passo avanti rispetto alla sua precedente creatura, e ci permette di azzardare l’accostamento del termine “perfezione” al suo titolo. Non è qualcosa che diciamo con leggerezza, badate bene. E bisogna sempre contestualizzare: Piccole Donne è perfetto nella misura in cui è stato fatto esattamente tutto ciò che si poteva fare – e come lo si poteva fare – nell’adattare e rinnovare un grande classico.

Florence Pugh (Finalized);Meryl Streep (Finalized)

Per argomentare, una volta in sala troverete che, al di là del gusto personale, al di là delle proprie convinzioni morali, al di là delle proprie preferenze in fatto di generi/attori/metodi narrativi, la storia delle Sorelle March non poteva – e probabilmente non avrebbe neanche avuto senso farlo – essere raccontata diversamente. La Gerwig riesce a cogliere fin nei minimi particolari lo spirito dell’opera originale, pur ampliandola e ristrutturandola quanto (e quando) basta per attualizzarla, senza la minima forzatura (sarà difficile, complessivamente, trovare di che lamentarsi in termini di fedeltà al romanzo).

Ad esempio, una delle sue più evidenti “rivoluzioni”, seppur graduale e mai invadente, è stata la caratterizzazione del personaggio di Amy (Florence Pugh), uno dei generalmente meno amati dai lettori. Nella pellicola, in parte grazie alla pregnante interpretazione della Pugh, e in parte grazie proprio al lavoro di fino della regista/sceneggiatrice, quello della terza sorella March diventa uno dei breakout character della storia, a cui sono tra l’altro consegnate alcune delle migliori battute (come il discorso ispirato dalle parole di Meryl Streep – fun fact -, che nel film interpreta la Zia March).

Louis Garrel (Finalized);Saoirse Ronan (Finalized)

 

Questo non vuol dire che la nostra empatia non vada in gran parte a Jo (Saoirse Ronan, che nonostante sia solita interpretare questo genere di ruoli, qui sembra decisamente più agio che altrove), come è probabilmente vero anche per la maggior parte dei lettori del libro, ma il modo in cui sono delineati tutti i personaggi, anche i secondari (anche Mr. Laurence o John Brooke, per non dire il più ovvio Laurie) ci permettono di sentirci vicino a ognuno di loro.

Ma la grande forza di Piccole Donne, e dell’operazione portata avanti  dalla Gerwig in particolare, è quella di rendere straordinario l’ordinario. È paradossalmente più semplice, in un certo senso, portare avanti con successo una storia in cui ad attirare l’attenzione sono già tanti altri elementi (ambientazione fantastica, forti caratteristiche distintive di genere, personaggi con tratti particolari ecc.), ma quanto è difficile rendere accattivante e mai banale la vita e le difficoltà quotidiane (come, d’altronde, quest’anno ha fatto con successo anche il marito della Gerwig, Noah Baumbach, con il suo Marriage Story)?

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Trionfa quindi, in questo caso, la bellezza della semplicità, di quell’ordinarietà resa più entusiasmante da una brillante scrittura, un’ottima interpretazione, e un’eccellente visione d’insieme. E tanta, tanta passione per l’opera, la storia e il mestiere.

Piccole Donne è nelle sale italiane dal 9 gennaio 2020.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Little Women

Data di Uscita: 9 gennaio 2020

Durata: 135'

Regia: Greta Gerwig

Con: 

Saoirse Ronan, Florence Pugh,

Timothée Chalamet, Laura Dern,

Emma Watson, Eliza Scanlen,

Meryl Streep, Louis Garrel

Distribuzione: Sony Pictures

Tolo Tolo – La Recensione

Un comico bianco nell’Africa nera

Checco è un giovane dotato di spiccata imprenditorialità ma di poca propensione alla legalità. Perseguitato dal fisco italiano e da una schiera di ex mogli e parenti, a cui deve molti soldi, Checco inaspettatamente trova rifugio in Africa, novella terra promessa, nella quale tutto è possibile, o meglio, tutto è permesso.  Sfortunatamente, si imbatterà in un nemico ancora più temibile del fisco italiano e delle sue ex-mogli, la guerra, che lo costringerà ad intraprendere un viaggio della speranza nell’Africa nera.

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Checco nazionale, dopo l’inarrivabile successo di Quo Vado?, azzarda con una delle tematiche più scottanti dell’attualità nostrana ed europea giocando con la paura dello straniero e del fisco.

Da degno erede dei maestri della commedia all’italiana ai quali si ispira esplicitamente, Zalone si cimenta per la prima volta nelle vesti da regista confermandosi come un acutissimo osservatore delle contemporaneità, capace di restituire nuovamente un ritratto dell’Italia dalle mille sfaccettature.

Quasi come in una immagine speculare di Quo Vado? in Tolo Tolo troviamo la descrizione di quella Italia che rifiuta sprezzante l’assistenzialismo. Un’Italia dotata di grandi slanci produttivi, anche se spesso gli stessi sono atrofizzati da un apparato burocratico soffocante, ma anche dallo spezzo per qualsiasi forma di legalità. Una Italia nella quale nel malcontento e nel sonno della ragione nascono mostri politici dagli slogan facili e dalle carriere fulminee. Ma anche una Italia che non guarda solo al suo orticello ma che si confronta, seppur per caso, con le tragedie che avvengono nel mondo affrontando in prima persona il dramma dei rifugiati che scappano da guerre e da dittature.

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Capace di essere politicamente scorretto senza mai superare il limite dell’inaccettabile Zalone conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, il talento di narratore ed interprete dei limiti e delle virtù dello stivale che, tra vizi vecchi e nuovi, echi di fascismo misti a semplice arrivismo e bagliori di fascino inarrivabile, continua a rappresentare terra fertilissima per gli autori e gli artisti.

Ravvivato dall’aiuto alla sceneggiatura di Paolo VirzìTolo Tolo tratteggia personaggi inaspettatamente interessanti come quello di Omar, ispirato ad una figura realmente esistita di senegalese amante del neorealismo italiano, che conferiscono ulteriore profondità ad una pellicola coraggiosa, travestita da commedia per le famiglie, che si appresta ad affrontare i populismi di questa Italia di oggi stanca e livida.

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Tolo Tolo è dal 1 gennaio al cinema.

Josephine M.

 

Info

Titolo: Tolo Tolo

Data di Uscita: 1 gennaio 2020

Durata: 90'

Regia: Checco Zalone

Con:

Checco Zalone, Souleymane Sylla,

Manda Touré, Nassor Said Birya,

Antonella Attili, Gianni D'Addario

Distribuzione: Medusa Film

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker – La Recensione

Sempre e per sempre, in una galassia lontana lontana…

La Saga degli Skywalker volge al termine con il nono episodio, Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, diretto da J. J. Abrams. Rey, Poe, Finn e il resto della Resistenza continuano a combattere contro il Primo Ordine, ma delle potenti forze del male provenienti dal passato rendono sempre più inevitabile la resa dei conti.  

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Tanto tempo fa, in una galassia… Beh, ormai questa galassia la sentiamo più che vicina, non trovate? Dopo nove episodi cinematografici (e tante aggiunte provenienti dall’Universo Espanso di Star Wars), la Saga degli Skywalker giunge a conclusione, anche se l’universo creato da George Lucas ci riserverà ancora parecchie sorprese in futuro.

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, diretto da J. J. Abrams, è predisposto dunque per portare a compimento una storia iniziata nel 1977, che è passata per tre diverse generazioni di eroi, antagonisti, e protettori di entrambi i lati della Forza.

Senza ulteriori indugi (e senza spoiler), passiamo dunque a commentare l’epica risoluzione messa in atto da Abrams, i cui protagonisti sono i personaggi che abbiamo conosciuto e imparato ad amare (ma anche odiare, per chi si sente più vicino al Lato Oscuro) ne Il Risveglio della Forza e Gli Ultimi Jedi, ma anche nelle due precedenti trilogie.

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Sarà difficile procedere senza rivelare alcun dettaglio, poiché tanto andrebbe detto sulle scelte narrative compiute in funzione del rispetto, ma anche del rinnovo della tradizione. La classica grande battaglia tra forze del bene e del male viene qui declinata con aspetti più intimistici, che andranno però a segnare il destino dell’universo. Si esternano i timori, i ricordi, le speranze, i sogni, i desideri andati e quelli ancora possibili, e si interiorizza la forza, quella Forza, ma non solo, per andare alla scoperta di sé e dell’altro.

Gioca molto sulle dinamiche tra i personaggi, Abrams, richiama a sé volti noti e li riunisce alle nuove generazioni, in modo da creare un efficace continuum narrativo ed emozionale. Il Golden Trio della più recente trilogia (Poe, Rey, Finn) funziona brillantemente, sfoggiando una chimica incredibile, ed emanando un’aria di familiarità quasi impensabile se si ragiona sul poco tempo che hanno (purtroppo) condiviso sullo schermo nel corso dei tre film – un vero peccato non poter esplorare ulteriormente questo aspetto, e soprattutto aver avuto modo solo ora, con il terzo capitolo, di goderne più appieno -.

Ma sono senza dubbio Ben (Adam Driver) e Rey (Daisy Ridley) a portare avanti le fila della trama principale: due facce di una stessa medaglia, ma anche due complessi esseri umani, dallo spettro emotivo e comportamentale quasi complementare, che si influenzano a vicenda, vengono influenzati da ciò che li circonda, e a loro volta trasformano il mondo e le persone (umani, creature aliene o droidi, che dir si voglia) con cui vengono a contatto.

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Tanta azione, tanta esposizione, tanto riflettere: è duro, il confronto con il passato; ma è ancora più dura guardare avanti. È dura affrontare la realtà, è dura lasciarsi e lasciare andare, ed è dura dire addio. Ma in questo caso, e non senza qualche cucitura qua e là, si riesce a far tutto. Pur restando nei limiti del prevedibile, ma non per questo banale o “sbagliato”, pur agendo in una comfort zone che si preferisce definire – anche, magari, con più correttezza – aderenza a una mitologia e a degli archetipi di fondo, L’Ascesa di Skywalker ci prende per mano e ci conduce con affetto e nostalgia verso la fine della storia che a tutti noi veniva raccontata da bambini, che abbiamo continuato a guardare e ascoltare da ragazzi, e che ora, da adulti, sentiamo ormai come nostra, come un’estensione di ciò che noi stessi siamo stati, siamo e saremo.

Sempre e per sempre, lì, in una galassia lontana lontana… che davvero così lontana, poi, non è.

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker è dal 18 dicembre al cinema.

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Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Star Wars: The Rise of Skywalker

Data di Uscita: 18 dicembre 2019

Durata: 141'

Regia: J.J. Abrams

Con:

Daisy Ridley, Adam Driver,

Oscar Isaac, John Boyega,

Carrie Fisher, Joonas Suotamo,

 Ian McDiarmid, Billy Dee Williams

Distribuzione: Walt Disney Company

The Irishman – #RFF14

Il cinema degli ultimi tempi sembra portare sempre più spesso narrazioni che si guardano indietro, riflettendo su un passato sbiadito, cercando di di riportarlo a galla e dando una nuova mano di intonaco sulle pareti della memoria («Ho sentito dire che imbianchi i muri»); ma questo intonaco si rivela essere il rosso del sangue di coloro che ostacolano i gangster al vertice in quel momento.

“The Irishman” è Frank Sheeran (Robert De Niro), un uomo che entra in contatto con la criminalità organizzata, quasi per caso, in un periodo storico cruciale per quanto riguarda gli Stati Uniti (tra accenni alla presidenza di JFK e alla crisi missilistica di Cuba); grazie a Russel Bufalino (Joe Pesci), Frank diventa un sicario tra i più fedeli ed efficienti, spaventando la sua stessa famiglia, ed in particolare la figlia, ormai terrorizzata dalla figura del padre. Questi “lavoretti” all’interno dell’ambiente mafioso portano Frank a conoscere il brillante leader sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino), ovviamente implicato nei giri della “famiglia” Bufalino. 

 “Quei bravi ragazzi”, però, devono in un modo o nell’altro giungere al crepuscolo della loro vita, ed è lo stesso Frank a raccontare i suoi trascorsi, quando tutti i suoi compari di un tempo sono ormai morti. 

Che lo si voglia o no, siamo davanti alla reazione verso la scomparsa di un mondo come veniva concepito fino a poco tempo fa, reazione che coinvolge tanto l’aspetto cinematografico quanto quello sociale. Scorsese combatte per riuscire a portare in vita la sua storia, con i suoi attori/amici di sempre, cercando di sbrogliare la matassa del tempo per non soccombere alla nostalgia, così come fa l’ormai vecchio Frank in questo film dalla durata epocale. 

Certo, le tematiche e l’iconografia sono esattamente quelle che il regista ha esplorato nel corso della sua intera e illustre carriera, ma lo sguardo che si percepisce è qualcosa di inedito, e sembra cercare di chiudere un cerchio, esattamente in un periodo in cui tutto si trasforma ed è quindi giunto il momento di saldare i conti con vecchie realtà. 

Tra battute gag che solo un uomo dall’animo italian(american)o potrebbe produrre, Martin Scorsese dà vita, grazie all’audace produzione di Netflix, ad un vero e proprio romanzo d’ampio respiro, il suo “grande romanzo americano”, che viaggia nel tempo attraverso i suoi personaggi; e a questo proposito, di audace c’è anche la scelta di effettuare un de-aging degli attori, funzionale e azzeccata,  a differenza di progetti in cui viene utilizzato come semplice ostentazione visiva.

The Irishman è un film ambizioso, decisamente rischioso, in grado di essere maneggiato solo da un maestro come Scorsese, che al netto delle innumerevoli e sfiancanti polemiche, ancora una volta dimostra di essere il sopravvissuto mostro sacro di un certo tipo di cinema che pian piano ci sta scivolando via dalle mani.

Cristiana Carta

Rocketman – L’Edizione Home Video Del Musical Fantasy Dell’Anno

Rocketman

Sentivo la canzone già in testa: era lì, vedevo tutte le note… È bastata tirarla fuori.

E voi, sentite già le note dei più celebri successi di Elton John entrarvi nella testa?

Qualunque sia la risposta, sappiate che l’edizione home video di Rocketman porterà a un solo risultato: karaoke a ogni ora del giorno e della notte.

Dal 2 ottobre 2019, grazie a Universal Pictures Home Entertainment Italia, sarà possibile acquistare la pellicola diretta da Dexter Fletcher e interpretata da Taron Egerton, Rocketman, in versione Dvd, Blu-Ray e Blu-ray Steelbook.

In formato panoramico ad Alta Definizione (2.39:1) Letterbox, e con tracce audio Inglese Dolby Atmos/Italiano, Francese, Tedesco, Spagnolo, Turco Dolby Digital 5.1 Surround (e sottotitoli disponibili in Italiano, Inglese, Danese, Olandese, Finlandese, Francese, Tedesco, Norvegese, Spagnolo, Svedese, Turco) mettendo su il Blu-Ray di Rocketman, sarà come avere un piccolo palcoscenico in casa propria.

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Non ci vorrà molto affinchè vi addentriate, assieme al piccolo Reggie, che crescerà fino a diventare il leggendario Elton, in una caleidoscopica avventura musicale. Musica, coreografie, costumi rocamboleschi, ma anche risate e drammi in unica esperienza audiovisiva che ripercorre la vita del cantante britannico.

Tra una Tiny Dancer e una Your Song, una Don’t Go Breaking My Heart e una Goodbye Yellow Brick Road, potrete rivivere le fasi costituenti della persona e del personaggio di Elton John, attivamente coinvolto anche nella produzione del film, di cui vi avevamo già parlato in occasione della sua uscita in sala.

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Numerosi sono i contenuti speciali dell’edizione Blu-Ray, di cui qui vi offriamo una panoramica.

 

Contenuti Speciali Blu-Ray

 

Numeri musicali prolungati

Le versioni integrali di tutte le performance musicali del film.

Scene eliminate e versioni lunghe

Anche qui troviamo la versione estesa di alcune scene, a cui si aggiunge un certo numero di scene inedite.

Visione creativa

«Sarà un’avventura incredibile» prevede (correttamente) il personaggio di Richard Madden.

Un progetto lungo 10 anni ha infatti portato alla realizzazione di Rocketman, che non doveva essere un semplice biopic.  «Volevo qualcosa che catturasse lo spirito della mia vita, non un biopic. Qualcosa di divertente, non troppo serio, che avesse il giusto equilibrio» spiega Sir Elton John nella featurette.

La sceneggiatura di Lee Hall era pronta da parecchio, si doveva solo trovare il team giusto.  «C’era bisogno di qualcuno che riuscisse a raccontare cose di una figura che pensiamo di conoscere» elabora il regista del film, Dexter Fletcher

Così si è riformato il team dietro Eddie The Eagle, ovvero Dexter Fletcher al timone della pellicola, e Taron Egerton star assoluta.

«Nella mia carriera ci sono stati alti e bassi, con alti altissimi e bassi bassissimi» racconta il cantante, che dovendo scegliere quale versione far vedere al pubblico, ha preferito mostrare quella più onesta.  «[Nel film vediamo] i periodi difficili, e quelli più belli. Il risultato derivato dal non avere nessun equilibrio nella mia vita».

E quella che ne è venuta fuori è, nello stile, una versione fantasy della sua vita, più grande e più sfarzosa che mai.

A fantasy version of his life. Larger than life.

Diventare Elton John, la trasformazione di Taron

Trovare la persona giusta per interpretare un’icona della musica e dello spettacolo come Elton John, ma anche la persona che vi è detro, era essenziale per la riuscita del film.

«Diventare qualcuno che è famoso è difficile» commenta John«La cosa più ardua che abbia fatto» conferma Egerton nel video, aggiungendo che i brani dell’artista hanno accompagnato e definito dei momenti della vita delle persone.

Ma l’attore che dà vita a John sullo schermo riceve grandi lodi da chiunque fosse sul set (e non solo): «Taron, la sua vulnerabilità è lì, non deve sforzarsi di farla vedere» commenta Dexter Fletcher.

Egerton, già versato in ambito musicale, si è esercitato lungamente per il ruolo, raggiungendo una padronanza di toni vocali, movenze e comportamenti davvero impressionante. «Taron ha una predisposizione naturale per la musica. C’è stata una connessione istantanea [con il personaggio]» rammenta Michael L. Roberts, pianista e vocal coach del film.

«Se parlavi con lui, nei suoi occhi vedevi Taron, ma una volta davanti la telecamera diventava proprio Elton» aggiunge Lizzie Yanni Georgiou, make up e hair designer addetta a trucco e parrucco sul set.

Leggendario: scenografie e costumi

In questa featurette, sono scenari e abbigliamento ad essere sotto i riflettori.

«Mi hanno dato quasi carta bianca per portare sullo schermo la mia visione. Ho cercato di stimolare loro e me stesso per tutto il tempo» rivela Fletcher, mentre Marcus Rowland, production designer del film, spiega come l’idea alla base dello script fosse Elton che ripensa alla sua vita: «È il sapore della sua vita [che volevamo rendere]».

Avendo una visione più soggettiva della storia, si gode di una maggiore maggiore libertà in termini di scelte creative, come ci tiene a sottolineare anche Julian Day, il costume designer: «Non è il solito bipic, è un musical fantasy. Ci si può sbizzarire!»

Ma i costumi, la musica, le scenografie, seguono tutti la crescita di Elton, che passa da uno stadio all’altro della sua vita; tutto si sposa alla perfezione.

A tutta forza! La messinscena dei numeri musicali

In un’opera del genere, però, è la musica a farla da padrona.

 «Quando definisci il genere del film, quello poi deve essere il meglio di quel genere» afferma il produttore Matthew Vaughn.

Ma musica e storia devono andare di pari passo, come in Singing in the Rain, uno dei film preferiti di Fletcher, in cui è la combinazione di canzoni e immagini a creare la magia.  Secondo Bennie Taupin, i brani a disposizione del film, con la loro forte caratteristica cinematografica, formavano da soli dei brevi racconti.

E con il benestare dell’autore originale, il team creativo-produttivo ha lavorato incessantemente per donare dinamicità alla pellicola attraverso un’unione di più stili, ma rimanendo sempre fedeli all’identità di John.

La musica reinterpretata. Le sessioni in studio

Ed è stato proprio John a dire a Taron di seguire la propria strada: «L’ho sentito cantare un paio di canzoni, ed era fantastico. Non c’è bisogno del mio intervento».

L’imperativo quindi, per Egerton, era quello di non focalizzarsi sull’imitazione del cantante, ma di realizzarne una propria, personale versione.

«Taron, non essere Elton, evoca la storia e il personaggio a modo tuo».

E l’attore, dal canto suo, si è detto estremamente orgoglioso della fiducia riposta in lui da Elton, e da come gli abbia dato il permesso di reinterpretare la sua musca.

I testi delle canzoni di Rocketman

Questa featurette prevede la versione karaoke del film  e il karaoke delle singole canzoni tratte dalla pellicola.

Il Jukebox di Rocketman

Singole scene con performance musicali.

Siete pronti, allora, a premere il tasto play?

 

Laura Silvestri

 


Info



Titolo: Rocketman



Durata: 121'



Data di Uscita HV: 2 ottobre 2019



Regia: Dexter Fletcher



Con:


Taron Egerton, Richard Madden


Bryce Dallas Howard, Jamie Bell 



Distribuzione: 
Universal Pictures Home Entertainment Italia

 

E Poi C’è Katherine – La Recensione

Gara di bravura tra Emma Thompson e Mindy Kaling

Katherine Newberry, (Emma Thompson) iconica presentatrice di talk show in onda da più di 30 anni, rischia di perdere il suo show poiché gli ascolti  crollano ogni anno sempre di più. Decide così di assumere Molly Patel, (Mindy Kaling) una donna di origine indiana, nel team di scrittura del suo programma popolato da soli uomini. Sarà l’inizio di una rivoluzionaria trasformazione per Katherine.

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Tra blockbuster multimilionari e drammi che puntano dritti agli Oscar, sembra che Hollywood non produca più pellicole come E poi c’è Katherine, che è un film senza pretese, ma scritto con intelligenza, con tanto di messaggio edificante, senza però essere stucchevole.

Una delle ultime commedie ambientate dietro le quinte di un talk show risale al 2010, Il Buongiorno del mattino, con protagonisti Rachel McAdams e Harrison Ford, o anche, di argomento simile, la serie tv del 2012 di Aaron SorkinThe Newsroom.

E poi c’è Katherine è il primo lungometraggio scritto da Mindy Kaling – già autrice della serie The Mindy Project e The Office – che dice di averlo ideato appositamente per Emma Thompson.

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Il film è sì, pieno di cliché, e il finale è prevedibile sin dalla prima inquadratura, ma Mindy Kaling – qui anche in veste di interprete – con la sua scrittura acuta riesce a superare brillantemente tutte le situazioni già viste, per poi ribaltarle e portare una prospettiva diversa e dare autenticità alla scena.

Infatti, la chimica tra la due attrici è palpabile, ed è il cuore del film: il rapporto tra Katherine e Molly non è mai scontato, anzi, prende corpo dalla sincera empatia tra le due protagoniste.

Emma Thompson e Mindy Kaling sono quindi mattatrici assolute della scena, ma anche i personaggi secondari hanno il loro spazio: la performance di John Lithgow (The Crown) come marito di Katherine, dà vita ad una delle scene più toccanti del film, e anche Hugh Dancy (Hannibal, I Love Shopping) non è da meno.

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E poi c’è Katherine è stato classificato come vietato ai minori di 17 anni, oltre ad aver ricevuto critiche da chi lo ha visto come una semplice scusa per portare avanti l’agenda femminista. Invece, il messaggio del film non appare mai forzato né sbandierato, e le battute più riuscite sono motivate proprio dal delicato tema, trattato sempre con autenticità.

Per i suoi 102 minuti di durata, non c’è un solo momento che non vi ruberà almeno un sorriso, anche se non è mai una risata sguaiata, ma piuttosto una risata intelligente.

Una pellicola leggera e brillante, anche se scontata in alcuni momenti, ma mai banale,  con una Emma Thompson in grande spolvero.

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E poi c’è Katherine sarà dal 12 settembre al cinema.

Anna Antenucci

Info 

Titolo Originale: Late Night

Durata: 102'

Data di Uscita: 12 settembre 2019

Regia: Misha Ganatra

Con:

Emma Thompson, Mindy Kaling, 

Hugh Dancy, John Lightgow

Distribuzione: Adler Entertainment