Material Love, la recensione: la rom-com (?) aggiornata ai tempi moderni

Rom-com o non rom-com? Questo è il dilemma con Material Love, il film diretto da Celine Song con Dakota Johnson, Chris Evans e Pedro Pascal in arrivo il 4 settembre nelle sale italiane.

Come si ama ai giorni nostri? Come si fa a trovare l’uomo o la donna perfetti? E, soprattutto, cosa rappresenta la perfezione odierna? Sono tutte domande che viaggiano di pari passo con Material Love, la pellicola diretta dalla candidata all’Oscar Celine Song (Past Lives). Il film ha come protagonista la combina-coppie Lucy (Dakota Johnson), donna ambiziosa e di successo con un grande talento nell’abbinare anime (o, per meglio dire, CV e conti in banca).

È infatti una delle matchmaker di punta dell’Adore, agenzia matrimoniale di New York, e come tale vede la vita attraverso lenti molto particolari, lenti che mettono a fuoco molto più facilmente i numeri dei sentimenti. Ma, dopotutto, è ciò che conta al giorno d’oggi: che aspetto hai, qual è il tuo lavoro, ma soprattutto, quanti 0 ci sono sul tuo conto in banca. Nulla di nuovo, direte voi… Eppure, Material Love in questo frangente fa un bagno nella realtà e mostra quanto, effettivamente, tutte queste caratteristiche ora siano più dominanti che mai.

È per questo che Harry, il personaggio di Pedro Pascal, è definito un unicorno: di bell’aspetto e con fascino da vendere, proviene da una famiglia benestante, lavora nella finanza e, naturalmente, è pieno di soldi. Contrariamente all’ex di Lucy, John (Chris Evans), che seppur anche lui più che prestante e di buon cuore, è invece sempre al verde, vive ancora con i coinquilini del college in uno sgangherato appartamento, e la sua carriera sembra aver preso tutt’altro che la giusta direzione.

La scelta tra i due – che ad ogni modo nel film vengono contrapposti unicamente in quanto tali, per cui non abbiamo risse che finiscono in melodrammatiche scazzottate o gare a chi ce l’ha più grosso – sembrerebbe quasi scontata per i dettami della società, almeno quella in cui Lucy crede di aver imparato a navigare al meglio. Eppure, man mano che si va avanti nella pellicola, il realismo inizia questa peculiare danza con l’idealismo e i sentimenti, e vicende interne ed esterne alla dinamica di coppia/triangolo mescolano ulteriormente le carte in tavola.

Hallmark incontra Sex and the City, ma entrambi vengono brutalmente a contatto con la realtà. Il mix che ne consegue, va detto, è a tratti vincente, a tratti alienante: non riusciamo fin da subito a creare una vera connessione con la storia (forse è proprio l’entrata in scena di John/Evans a mettere in moto il meccanismo di empatia necessaria a sentirsi più vicini a questi personaggi) e può volerci un po’ affinché la stessa Lucy inizi a farsi strada nei cuori degli spettatori. Ma ciò non rende meno d’impatto il lavoro di Song che, già da Past Lives, ci sta abituando a delle opere che fanno riflettere.

Nel bene o nel male, Material Love costringe a riesaminare le proprie relazioni, la propria idea d’amore e di connessione sentimentale, la propria vita di coppia e le proprie aspettative (nonché i criteri che vi applichiamo) e, perché no, anche a farsi un attimo un’esame di coscienza. E, magari, da quella sala ne uscirete anche con una risposta in grado di soddisfarvi, per quanto destabilizzante possa essere. O forse no, ma almeno il film ve lo siete goduto… Si spera.

Material Love è dal 4 settembre nelle sale italiane.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Materialists
Durata: 116′
Data d’uscita: 4 settembre
Regia: Celine Song
Con:
Dakota Johnson, Chris Evans, Pedro Pascal
Distribuzione e Materiali Stampa: Eagle Pictures

I Fantastici 4: Gli Inizi, la recensione: primi grandi passi per la prima famiglia del MCU

I Fantastici 4: Gli Inizi è la nuova versione della prima famiglia Marvel targata MCU, e una piacevole visione carica di sentimenti nostalgici e profondità emotiva. Ma come ci si è arrivati? Lo abbiamo scoperto al Giffoni Film Festival.

Sono tornati: I Fantastici 4 sono di nuovo al cinema, approdando finalmente nel Marvel Cinematic Universe (ok, in un certo li avevamo già visti in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, ma sappiamo tutti come è andata). Con I Fantastici 4: Gli Inizi – mostrato ai ragazzi in occasione del Giffoni Film Festival -, la prima famiglia di casa Marvel viene infatti totalmente e definitivamente introdotta nella macrostoria del MCU, anche se partiamo da un altro universo.

Quella che invero ci troviamo davanti per l’occasione non è Terra 616, alla quale eravamo abituati, ma Terra 828, dalle atmosfere retrò e nostalgiche (impossibile non pensare a WandaVision, altro prodotto Marvel di cui Matt Shakman, al timone della pellicola, è stato regista). Qui un gruppetto di quattro eroi già perfettamente collaudato ci viene mostrato prima nell’intimità della loro vita privata, poi con un esuberante montaggio inserito a mo’ di programma televisivo atto a celebrare il quarto anniversario del supergruppo.

Una origin story che dunque parte in medias res, senza tuttavia dimenticarsi di tenerci aggiornati su quanto accaduto in precedenza. Una formula che non solo funziona, ma che permette anche di non soffermarsi troppo su questioni non necessarie nell’immediato, e che volendo possono sempre essere riprese in futuro.

Ottima scelta poiché, con i suoi 115 minuti, I Fantastici 4: Gli Inizi ha altro a cui pensare: deve mostrarci il presente dei nostri eroi, impegnati a gestire non solo le sorti del resto del mondo, ma anche del loro piccolo microcosmo, che sta per cambiare dopo la notizia della gravidanza di Sue (Vanessa Kirby); deve stabilire una nuova mitologia, perché per quanto incasellato nel più grande MCU, di questo mondo senza gli Avengers sappiamo ben poco; e deve ovviamente introdurre un nuovo, grande nemico, Galactus, il Divoratore di Mondi (Ralph Ineson).

E fa piacere poter dire che la missione è stata compiuta con successo: Pedro Pascal, Joseph Quinn, Vanessa Kirby e Ebon Moss-Bachrach abitano bene i rispettivi ruoli, ed è possibile accorgersene sempre di più man mano che si va avanti con la pellicola. Arrivati all’ultima parte della storia, con loro ci si sente ormai davvero parte di una famiglia, e il sentimento che pervade lo spettatore è quello che porta a dire “Non vedo l’ora che interagiscano con il resto del MCU” (specialmente dopo la prima scena post-credit).

C’è un giusto bilanciamento tra scene “cosmiche” e “domestiche”, che non cozza affatto con il tono e le dimensioni del film, e anzi aiuta questa produzione a ritagliarsi uno spazio tutto suo all’interno di universo già colmo di personalità, e all’apparenza forse anche un po’ sovraffollato.

Sarà certo interessante vedere come in futuro verranno utilizzati questi personaggi (in particolare un paio) nell’economia del MCU, e che sfida rappresenterà la loro integrazione nel più grande progetto narrativo. Di certo, questo primo capitolo della storia dei Fantastici 4 non fa rimpiangere le precedenti iterazioni (e chi parla, contrariamente ai più, aveva apprezzato I Fantastici 4 del 2005), e fa ben sperare per ciò che verrà.

Per ora non si può che speculare con il reminder che I Fantastici 4 torneranno in Avengers: Doomsday, senza poi dimenticarsi la post-credit de I Thunderbolts*

I Fantastici 4: Gli Inizi è ora al cinema.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Fantastic 4: First Steps
Durata: 115′
Data d’uscita: 23 luglio
Regia: Matt Shakman
Con:
Pedro Pascal, Vanessa Kirby, Joseph Quinn, Ebon Moss-Bachrach, Ralph Ineson, Julia Garner
Distribuzione e Materiali Stampa: The Walt Disney Company

Superman, la recensione: non un’origin story, ma il promettente inizio di un nuovo universo

Superman torna al cinema, senza tuttavia riproporci per l’ennesima volta la storia delle sue origini, e dividendo la critica… Ma cosa ci mostra e ci dimostra, allora, il supereroe dei supereroi diretto da James Gunn?

Attuale, vivace, appassionato: il nuovo Superman è arrivato, e che piaccia o no, è qui per dare una nuova direzione all’universo DC.

Sono passati ormai 12 anni dall’uscita di Man of Steel, il film di Zack Snyder che pure all’epoca aveva creato fazioni tra gli spettatori. L’estetica scura, l’atmosfera angosciante e i toni decisamente più dark della storia non si sposavano esattamente con l’immagine di Superman che avevano in molti, e l’uscita di successivi prodotti ambientati nello stesso universo come Batman v Superman e Justice League (entrambe le versioni) hanno solo aiutato a cementare l’idea che qualcosa non fosse andato per il verso giusto.

E se chiedete in giro, qualcuno tra chi ha già visto la nuova opera di James Gunn vi dirà sicuramente che non è ciò che si aspettava o sperava di vedere neanche in questo caso. Tuttavia, il nuovo Superman ha tanto a suo favore.

A partire da una fotografia molto più luminosa e dei colori più accesi che subito fanno tornare alla mente le pagine dei fumetti, il Superman con protagonista David Corenswet ci mostra già dai primi minuti il grande cuore di cui è dotato, nonché uno dei suoi maggiori punti di forza. E no, sebbene lo sia naturalmente anche lui, lo scene-stealer della pellicola, l’adorabile Krypto The Superdog, non stiamo riducendo tutto al suo personaggio.

Stiamo parlando dell’umanità e della capacità di essere vulnerabili di un eroe che, come metafora per niente sottile ma di certo efficace vuole, da immigrato e da “diverso” deve costantemente guadagnarsi la fiducia di un intero pianeta, fidanzata inclusa (una tagliente Lois Lane interpretata da Rachel Brosnahan), piuttosto diffidente (eppure, a volte, non abbastanza) e dalla memoria abbastanza corta, specialmente dopo le perfide macchinazioni dell’incorreggibile Lex Luthor (portato questa volta sullo schermo da un ficcante e no-nonsense Nicholas Hoult).

Dimenticatevi del tragicomico di “Martha” per indurre personaggi e spettatori a provare empatia: per quanto non manchino elementi grotteschi e scene dal gusto un po’ camp, le emozioni sono spontanee, tangibili, e riscontrabili in una schiera di volti, atteggiamenti e azioni.

E se Gunn ripesca proprio dal materiale cartaceo d’origine alcune delle trovate (la questione “occhiali”, ad esempio, venne affrontata allo stesso modo già negli anni ’70), e sono abbastanza chiare le sue ispirazioni, è il suo inconfondibile stile, nonché i temi a lui cari e riscontrabili in tante altre sue pellicole, a rendere Superman un cinecomic godibile ed entusiasmante. Non perfetto, badate bene. Non inattaccabile. Ma di certo, con un’anima pulsante e più che evidente. Proprio come il suo protagonista.

In Superman, spazio dunque a una varietà di personaggi che, si spera (ma sicuramente) impareremo a conoscere meglio con il tempo – qualcuno ha più occasioni di brillare di altri qui, come ad esempio Mr. Terrific/Edi Gathegi-; spazio tanto alla comicità quanto alla dialogicità; e, soprattutto, spazio all’imperfezione, al rigetto dell’invincibilità e delle certezze più arroganti, e spazio alla convinzione che sono le nostre scelte a far di noi ciò che siamo. Come Superman, in un modo o nell’altro, ci ha sempre dimostrato.

Il nuovo Superman dividerà (e sta già dividendo) il pubblico, ma distanziarsi il più possibile dal Man of Steel di Zack Snyder proponendone quella che per molti aspetti ne è fondamentalmente un’antitesi era forse l’unico modo per far ripartire l’universo DC al cinema, riportando anche un po’ di colore e calore nei cuori degli spettatori.

Superman è dal 9 luglio nelle sale italiane.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Superman 
Durata: 130′
Data d’uscita: 9 luglio
Regia: James Gunn
Con:
David Corenswet, Nicholas Hoult, Rachel Brosnahan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Edi Gathegi
Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Thunderbolts* – La recensione: il MCU è morto, lunga vita al MCU!

Con l’uscita di Thunderbolts* nelle sale, il Marvel Cinematic Universe si appresta a salutare la sua fase più critica e criticata finora, la quinta, in grande stile. Vediamo insieme come un gruppo di sgangherati antieroi è riuscito a portare una più che necessaria ventata d’aria fresca in un universo ormai da tempo in fase di stallo, e a simboleggiarne la rinascita.

La storia del Marvel Cinematic Universe, specialmente nelle sue prime fasi, è ricca di successi, e su questo non ci piove. Che incontrino o meno il gusto personale dei singoli individui, è innegabile come tanti dei titoli sfornati dalla branca cinematografica della Casa delle Idee abbiano dominato la scena dell’intrattenimento negli ultimi 15 anni e più. E sebbene ultimamente l’interesse nei confronti dei nuovi prodotti targati Marvel fosse in calo, vuoi per una questione fisiologica, vuoi per una effettiva flessione qualitativa riscontrata tra la quarta e la quinta fase, è difficile pensare di essere vicini al tramonto di un universo così ricco di potenziale… Specialmente dopo Thunderbolts*.

Eppure, in un certo qual modo, è proprio Thunderbolts*, in arrivo il 30 aprile nelle sale, a rappresentare una sorta di rinascita creativa per il MCU, dopo una “morte” arrivata in seguito a una lenta e dolorosa agonia che a tratti dava segni di speranza per una ripresa, ma che si è solo protratta più del dovuto. Perché è vero che abbiamo avuto film come Guardiani della Galassia Vol. 3 o anche piccole perle televisive come WandaVision, ma è anche vero che abbiamo dovuto faticare non poco persino con titoli che tanto promettevano (qualcuno ha detto Doctor Strange nel Multiverso della Follia o Ant-Man and The Wasp: Quantumania?). Sarà forse per questo che molti avevano comprensibilmente perso quell’entusiasmo che li accompagnava ormai da tempo all’uscita di ogni nuovo capitolo della saga. Entusiasmo che tuttavia speriamo riacquisirete, come accaduto a noi, con Thunderbolts*.

Ci voleva proprio un gruppo di sgangherati antieroi a ricordarci perché amiamo tanto gli eroi (in particolare quelli Marvel), e a riportare alla memoria come queste storie e questi personaggi siano in grado di toccare le corde dei nostri cuori, di generare in noi più di una fragorosa risata o di una lacrimuccia inaspettata durante la visione di un film che, per tanti altri, rappresenta solo un’elaborata strategia di marketing.

In Thunderbolts* ritroviamo infatti alcuni fra gli elementi più “controversi” del MCU, a partire dal Soldato d’Inverno Bucky Barnes (Sebastian Stan), a cui si uniscono, tra gli altri, anche la spia russa Yelena Belova (Florence Pugh) e suo padre, il Super Soldato dell’Unione Sovietica Red Guardian (David Harbour), il secondo e poco longevo Captain America John Walker (Wyatt Russell) e l’ex spia dello S.H.I.E.L.D. Ava Starr a.k.a. Ghost (Hannah John-Kamen).

Un gruppo che definire outcast sarebbe un eufemismo; un insieme di persone dall’oscuro passato che hanno compiuto azioni più che discutibili, e che serbano in loro dolori così grandi che, a un certo punto della loro vita, hanno ritenuto che l’unico modo per silenziarli e tentare di farli scomparire fosse quello di “coprirli” utilizzando ogni mezzo a propria disposizione, non curandosi delle conseguenze.

È così che i loro destini sono arrivati a incrociarsi con quello di Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), ed è così che Thunderbolts* trova ragion d’essere. E, un po’ come accadde anche con Legends of Tomorrow – quella che potremmo definire la sua controparte DC nell’Arrowverse – questa pellicola ci permette di andare più a fondo, di esplorare l’intimità e la psicologia di personaggi che avevano chiaramente ancora tanto da dire e da dare, a prescindere dallo screen time ricevuto. Di personaggi, se vogliamo, anche più vicini a noi, perché più vulnerabili e “umani”.

In questa complicata vicenda, di certo non mancano i momenti drammatici, le incomprensioni, gli errori causati dalla paura. Ma è attraverso l’indagine del dolore e del trauma, l’accettazione di sé e dell’altro non come ostacoli, ma come sostegno e ausilio, e la giusta dosa di ironia, che nella storia firmata da Eric Pearson e Joanna Calo e girata da Jake Schreirer i nemici divengono insospettabili alleati, e che i Thunderbolts* diventano una squadra davanti ai nostri occhi: una squadra carica di carisma che sembra più che capace di caricarsi sulle spalle il peso del futuro del MCU, e alla quale presto si aggiungeranno tanti altri attesissimi personaggi per delineare quello che sarà un nuovo, elettrizzante capitolo di una saga transmediale ormai quasi ventennale.

Thunderbolts*, distribuito da The Walt Disney Company, è ora al cinema. E non dimenticate le scene post-credit! Ce ne sono due, e vi assicuriamo che non vorrete perdervele.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Thunderbolts*
Durata: 116′
Data d’uscita: 30 aprile
Regia: Jake Schreirer
Con:
Florence Pugh, Sebastian Stan,
David Harbour, Wyatt Russell,
Olga Kurylenko, Hannah John-Kamen,
Julia Louis-Dreyfus, Lewis Pullman,
Geraldine Viswanathan, Chris Bauer, Wendell Edward Pierce
Distribuzione: The Walt Disney Company

La Sirenetta – La Recensione del live-action Disney: un nuovo racconto dai mari dal sapore familiare

La Sirenetta è pronta a salire in superficie e fare il suo debutto al cinema in versione live-action, con un cast stellare e la musica che amiamo da sempre… Ma tutto è diverso, seppur familiare. Andiamo in fondo al mar per scoprirlo.

Il 24 maggio è il tanto atteso giorno in cui si potrà vedere sul grande schermo uno dei titoli più discussi degli ultimi anni, il live-action Disney de La Sirenetta. Oggetto di svariate polemiche per differenti ragioni, dal casting ai cambi alla storia, dal character design dei personaggi alle modifiche ai testi delle canzoni, finora avevamo potuto dare solo delle occhiate fugaci al prodotto finito, ma il momento di giudicare con cognizione di causa è arrivato.

Attenzione: possono seguire leggeri spoiler (per quanto li si possa definire tali).

Diretto da Rob Marshall (Il Ritorno di Mary Poppins, Chicago, Into the Woods) e basato su una sceneggiatura di David Magee (Il Ritorno di Mary Poppins, Vita di Pi, Neverland – Un Sogno per la Vita), l’ispirazione principale è chiaramente il classico d’animazione Disney del 1989, da cui riprende gran parte degli elementi, ma fin da subito un concetto è chiaro: questo è comunque un film a sé… Come è giusto che sia.

Perché quando si tratta di portare in versione in carne e ossa amate storie dell’infanzia di molti come i classici Disney e ciò a cui si ispiravano, non si riesce mai ad accontentar tutti: c’è chi si lamenta che il retelling è troppo fedele al film d’animazione, chi non ammette aggiunte, tagli o modifiche; chi ne proclama l’inutilità ancor prima di vedere come è stato realizzato, chi dice che è solo un’operazione per far soldi e non c’è anima dietro… Le considerazioni, sterili o meno che possano essere, condivisibili oppur no, sono molteplici, sia a giochi fatti, che prima di poter anche solo iniziare la corsa.

Nel caso de La Sirenetta, come dicevamo, è stato più che mai così. Ma quanto visto al cinema, quale risposta dà in merito? Come si comporta a fronte di tutte queste conversazioni? Facendo il suo. Rischiando abbastanza? Sì. Riuscendo sempre alla perfezione? No. Con risultati accettabili? A voi il giudizio finale.

Quel che possiamo fare noi, è raccontarvi la nostra esperienza con il film, che è stata per lo più positiva, seppur con qualche riserva. Fin dall’inizio della visione, si è respirata l’atmosfera che un tempo era propria del classico d’animazione, con qualche interpolazione antica o moderna (suggestiva è la citazione dalla fiaba di Hans Christian Andersen che appare proprio al principio), e sebbene fin da subito si notino alcuni dei cambiamenti apportati, lo scarto non è così ampio come si possa pensare.

Colpisce in diversi momenti, ma purtroppo in negativo, la CGI, con una resa degli effetti visivi generale che non è delle migliori, e che può distogliere l’attenzione da ciò che invece funziona. Colpa di cui si macchia, in determinati casi, anche l’adattamento italiano, che tuttavia si può analizzare solo in parte, mancando la visione in lingua originale del film (su YouTube troviamo qualche clip dal film, ma ovviamente prendere solo quelle in considerazione implicherebbe, ad ogni modo, un giudizio parziale).

Va comunque fatto un discorso caso per caso in merito, perché se la coppia Yana C. e Sara Labidi (rispettivamente le voci nel cantato e nel parlato di Ariel) sembra adattarsi abbastanza bene all’interprete originale, Halle Bailey – che in barba a tutte le polemiche, ci mostra una Ariel sì naïf e sognatrice, al punto da far tenerezza, ma anche dal carattere forte e determinato, come d’altronde richiede il personaggio -, e la veterana Simona Patitucci (voce di Ursula nel live-action, ma doppiatrice di Ariel nel classico animato dell’89) sorprende per la sua versatilità nel passare dall’eroina alla villain della storia, Mahmood, a cui è stato affidato il difficile compito di doppiare Sebastian, non sempre sembra trovare la sua dimensione: buono nel rap con Scuttle (sì, c’è un brano rap che coinvolge due dei personaggi più amati, ed è anche piuttosto riuscito in italiano), meno incisivo in “In Fondo al Mar“, poco convincente nel parlato.

Un brano che, per quel che possiamo ipotizzare non avendolo sentito in originale (ma vogliamo fidarci di Lin-Manuel Miranda, che ha lavorato alla colonna sonora del film assieme ad Alan Menken), sembra risentire del passaggio da una lingua all’altra (questa volta più a livello testuale) è l’assolo di Eric (Jonah Hauer-King), personaggio che, invece, gode di maggiore approfondimento caratteriale nel live-action, e a cui vengono date motivazioni e una backstory da non disdegnare.

Manca poi la canzone atta a presentare le sorelle di Ariel, che qui hanno persino nomi differenti, ed è meglio non addentrarsi nel discorso su Re Tritone di Javier Bardem, che non è decisamente l’MVP della pellicola (quel titolo spetta di tutto diritto a Melissa McCarthy, con una spettacolare Ursula).

Ma, probabilmente, tra i dettagli che hanno fatto maggiormente notizia nelle settimane precedenti all’uscita del film, vi sono state le modifiche al testo di “Baciala” (“Kiss The Girl“), uno dei brani più caratteristici del film dell’89 e dell’intera discografia disneyana, che però vi farà piacere apprendere come in italiano sia in realtà molto fedele alla versione che tutti amiamo. Non temete, dunque, perché si tratta davvero di minuzie.

Lo stesso non si può dire di “Les Poissons“, il divertente inno dello chef Louis nel cartone… Che qui proprio non c’è. Nada. Nisba. Assente. Non pervenuto. Mettetevi l’anima in pace. Tranquilli, però: nessuno ci ha tolto l’arricciaspiccia, per cui il mondo può continuare a girare.

Insomma, tra modifiche, tagli e aggiunte (che, ribadiamo, non si può non aspettarsi in un qualsiasi progetto per il quale non sia un annunciato adattamento shot-for-shot, ovvero in maniera pedissequa, dell’originale), tra una polemica e l’altra, quel che rimane è il risultato finale. Questo può far storcere o meno il caso in alcuni punti (e qualche adjustment, anche tra quelli qui non menzionati, lo farà con tutta probabilità), ma alla fine della storia, chi andrà a vedere La Sirenetta al cinema si troverà davanti a un film godibile, con i suoi punti di forza e con i suoi difetti, ma di certo non da catalogare come “fallimentare”.

E, che vi piaccia o meno la nuova versione, uscirete comunque cantando dalla sala, e arriverete a casa che con tutta probabilità starete ancora fischiettando “In Fondo al Mar” e simili, proprio come un tempo eravate soliti fare dopo la visione del classico animato, e come le nuove generazioni avranno ora doppiamente modo di fare.

Con noi, a questo punto, vi diamo appuntamento alla prossima, e che dire… “È stato un piacioro!

Trovate La Sirenetta dal 24 maggio al cinema.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: The Little Mermaid

Durata: 135'

Data di Uscita: 24 maggio 2023

Regia: Rob Marshall

Con: 
Halle Bailey, Melissa McCarthy,
Jonah Hauer-King, Daveed Diggs, 
Jacob Tremblay, Awkwafina,
Javier Bardem

Distribuzione: Walt Disney Company

Citadel – Recensione e Incontro Stampa: Le Spie di Prime Video Invadono Roma

I produttori e il cast di Citadel hanno reso la città Eterna il loro luogo di ritrovo per un evento di portata globale: la nuova spy series di Prime Video è stata presentata in anteprima a Roma. Leggete il nostro rapporto della missione per sapere come è andata!

Rapporto missione Citadel. Roma, 21 aprile. Il cast e i produttori della nuova serie tv di Prime si recano in piazza della Repubblica. Ad attenderli una folla composta da addetti stampa, fotografi e studenti. La città è in fermento. Di seguito, quanto accaduto.

Niente CIA, niente FBI. Pesci troppo piccoli, “squadrette di serie B”, come fa notare anche l’agente Nadia Sinh interpretata da Priyanka Chopra Jonas. Qui, al centro di tutto, è Citadel, l’agenzia indipendente di spionaggio internazionale più rispettata e temuta, almeno da coloro che credono alla sua esistenza. Ma cos’è una leggenda se non una fiaba per della buonanotte per alcuni, un mito da sfatare per altri, e un obiettivo da annientare per chi, come l’organizzazione nota con il nome di Manticore, punta al predominio globale assoluto?

Queste le premesse della nuova serie TV in arrivo il 28 aprile su Prime Video, che vede tra le menti creative che vi hanno lavorato i registi del MCU Anthony e Joe Russo, la produttrice Angela Russo-Ostat e il produttore esecutivo David Weil, tutti presenti in sala durante la proiezione dei primi due episodi, assieme ai membri del cast principale Richard Madden, Stanley Tucci e Priyanka Chopra Jonas, in occasione dell’anteprima italiana dello show.

L’aspetto più interessante di Citadel risiede senz’altro nel concept stesso della serie, l’idea di un universo televisivo che partirà dalla serie madre, per poi espandersi con svariati spin-off inerenti a differenti location (sono già in sviluppo quello italiano, con Matilda De Angelis, e quello indiano). “Stiamo costruendo una comunità di storie e storyteller in tutto il mondo per raccontare un’unica grande storia” spiega Joe Russo, che in compagnia del fratello Anthony, hanno già avuto il difficile compito di sviluppare universi narrativi di incredibile portata.

E allora ecco che vediamo gettarne le basi fin dai primi, esplosivi minuti del primo episodio, in cui ci vengono presentati Mason Kane (Richard Madden) e Nadia Sinh (Pryianka Chopra Jonas), affiatata coppia di spie guidata da Bernard Orlick (uno Stanley Tucci che è sempre una garanzia), che tuttavia si ritroverà nei guai assieme all’intera organizzazione quando una missione apparentemente di routine innesca la loro disfatta e lo scioglimento forzato di Citadel… Almeno fino a 8 anni dopo, quando Mason, privo di memoria, ricompare sui radar amici e nemici.

Senza spoilerarvi troppo di ciò che vedrete sullo schermo, tra valigette da trovare, ricordi da recuperare e minacce da sventare, possiamo dirvi che non vi troverete certo di fronte il più originale dei prodotti di genere, anzi, tra omaggi voluti o meno, la natura di Citadel è piuttosto derivativa dei grandi titoli del passato e del presente, – da Bourne a Bond -. Non è dunque un’unicità di contenuto che va ricercata in questo show, quanto ciò che più può portarvi a seguire passo passo le avventure dei suoi protagonisti.

Tra le motivazioni principali, possiamo offrirvene noi un paio: la prima è senz’altro il cast dello show, che si prende gran parte del merito di un suo eventuale successo, e anche in caso di flop sarà comunque visto come una delle sue “saving grace“. Dopotutto, ciò che sanno fare meglio queste spie, oltre a darle di santa ragione (le scene d’azione non deludono, pur non facendo balzare lo spettatore dalla sedia) è interagire tra loro. Il trio Madden-Chopra-Tucci viene consolidato fin da subito – anche se Tucci è lì a guidarli da remoto per la maggior parte del tempo – e soprattutto le battute di quest’ultimo e come vengono eseguite contribuiscono ad elevare il livello d’intrattenimento.

La chimica tra le due spie di punta di Citadel è palpabile, anche se come coppia meritavano probabilmente un’origin story meno frettolosa (ma non è detto che non venga ampliata nei successivi episodi). È comunque chiaro come il loro rapporto sia alla base della storia, e c’è ancora tanto da scoprire al riguardo (Nadia sembra avere parecchio da nascondere, ma anche Mason può riservare ulteriori sorprese). E, tornando al discorso delle interpretazioni, le star di Quantico e di Game of Thrones sono più che azzeccate nei rispettivi ruoli. Madden, ad esempio, sembra avere tanto da dire in un ruolo che gli permette di dare prova di tutta la sua abilità attoriale: “Mason è questa spia incredibilmente figa, ma poi vediamo un lato totalmente diverso di lui. La sua memoria viene cancellata, e ci troviamo di fronte un uomo normale, con cui l’audience dovrà partire per un viaggio senza precedenti. Il pubblico vedrà attraverso i suoi occhi quello che è il mondo di Citadel, e scoprirà molto di più su di lui, Nadia e tutti gli altri giocatori in campo” anticipa l’attore.

Incuriosiscono, poi, i legami tra i vari personaggi; funziona il trope già collaudato della “spia tra le spie”, che vedremo dipanarsi nel corso dello show, e in generale vengono applicati tanti di quei cliché di genere – alcuni necessari e anche ben congegnati, altri meno – che si avrà sempre l’impressione di avere a che fare con qualcosa di familiare, anche quando Citadel prende una propria strada. Se questo, però, può essere visto come un bonus o un malus, sarà lo spettatore che dovrà deciderlo.

Tra gli appunti che potremmo fare a Citadel, almeno per quanto riguarda i primi episodi, il più pressante riguarda probabilmente il pacing: un ritmo così frenetico non giova alla narrazione, e soprattutto alla costruzione dei dialoghi, che spesso si riducono a dei botta e risposta ad effetto tra i personaggi per sostituire un’esposizione a tratti un po’ confusionaria, a tratti un po’ troppo “on the nose“. Ok che le spie vanno di fretta, ma non è sempre un bene rispecchiare questa caratteristica anche nel modo di raccontare la loro storia.

Detto ciò, resta da vedere come proseguirà lo show per poter giudicare al meglio. Non sappiamo come verranno sfruttate ambientazioni e tempistiche nei restanti episodi (ad esempio, si potrebbe argomentare che passiamo davvero poco tempo nelle varie location, ma probabilmente sarà a discrezione dei prossimi episodi e degli spin-off ampliare tutto in tal senso), né quanto verranno approfonditi i vari personaggi e le loro backstory (tuttavia, dovrà giocoforza essere un “di molto” la risposta a questa domanda), per cui allacciate le cinture, perché le spie di Citadel (e la sinistra Manticore) sono in agguato!

I primi episodi di Citadel saranno disponibili su Prime Video a partire dal 28 aprile, con un nuovo episodio in uscita ogni venerdì fino al 26 maggio.

Laura Silvestri

Info

Titolo: Citadel

Durata: 6 episodi

Data D'Uscita: 28 aprile 2023

Regia: Newton Thomas Sigel, Jessica Yu, 

Con: 

Richard Madden, Priyanka Chopra Jonas, Stanley Tucci

Distribuzione: Prime Video

Materiali Stampa: Prime Video, Laura Silvestri

The Gray Man – La Recensione: Bond, Bourne spostateve… Arriva il Sierra Six di Ryan Gosling

È caccia all’uomo nel nuovo film Netflix diretto da Anthony e Joe Russo, The Gray Man, in cui l’agente della CIA Sierra Six di Ryan Gosling cerca di sfuggire ai folli tentativi del suo inseguitore, il Lloyd Hansen di Chris Evans, di farlo fuori e di recuperare un oggetto in suo possesso.

La calda estate 2022 si fa ancora più calda con le nuove release cinematografiche e streaming di luglio, e come può non rendere tutto più bollente lo spy-thriller di Netflix firmato dai fratelli Russo, The Gray Man? E non solo perché nel cast troviamo alcuni dei più acclamati sex symbol di Hollywood, ma perché la pellicola basata sull’omonimo romanzo di Mark Greaney promette fin da subito uno spettacolo esplosivo.

Ah, e perché per promuoverla, in occasione della premiere italiana, Netflix non ha certo badato a spese, offrendo agli spettatori e alla stampa romana una full immersion nel mondo del film con la The Gray Man Experience, dove prima e dopo la proiezione si è potuto sorseggiare cocktail a tema, fare un giro tra allestimenti che riprendevano le location della pellicola e persino scattare foto da vere spie.

Ma cosa aspettarsi da questo nuovo titolo? Innanzi tutto, tanta azione. Sembra scontato, persino superfluo menzionare certi aspetti quando si parla di simili prodotti, ma state pur certi che le coreografie di lotta dirette dai fratelli Russo non passano mai inosservate (come d’altronde le maxi-scritte bianche che stanno a indicare le varie ambientazioni e i periodi temporali), qualcosa che abbiamo imparato fin dai tempi di Captain America: Civil War, e che qui ritorna prepotentemente a farsi evidente: che sia un inseguimento durante gli spettacoli pirotecnici di Capodanno, una lotta all’ultimo respiro (letteralmente) con dei cavi, o un singolo combattimento in una fontana al sorgere del sole, o persino un momento autoironico con protagonista una panchina e delle manette, Anthony e Joe e il loro formidabile team creativo-produttivo sanno sempre come rendere ancor più memorabile le botte di turno.

Non sono però solo a menare le mani, Ryan Gosling, Chris Evans e Ana de Armas, le tre spie al centro degli intrighi adeguatamente adattati per lo schermo dagli sceneggiatori del MCU Christopher Markus e Stephen McFeely e dallo stesso Joe Russo, ma assieme a Billy Bob Thornton, Regé Jean-Page, Jessica Henwick, Dhanush, Alfre Woodard e la giovane Julia Butters ci regalano tutti delle performance più che valide, a prescindere dal maggiore o minore screen time concessogli.

Il discorso riguarda in particolare l duo protagonista/antagonista formato da Gosling e Evans, che contrappongono due stili recitativi completamente diversi per raggiungere un perfetto equilibrio: il primo agisce per sottrazione, e presenta quell’ironica stoicità che sappiamo appartenergli, dandogli però una nuova declinazione; e il secondo, memore di quanto già fatto anche in altre occasioni per simili ruoli (pensiamo al Mr. Freezy di The Iceman o al Ransom Drysdale di Cena con Delitto – Knives Out), trova il modo di offrirci ancora un’altra versione, unica nel suo genere, del villain psicopatico che amerete odiare.

E li perdoneremo se Six sembra più d’acciaio dell’Uomo d’Acciaio, e se, alla fine dei giochi, ci rimane forse poco spazio per esplorare la minaccia rappresentata da chi muove le fila da dietro le quinte… Soprattutto perché l’intento di rendee The Gray Man un franchise che richiama quelli ai quali si ispira – come Bond e Bourne – è chiaro, e le basi per un sequel sono già state gettate. Non resta che vedere se il pubblico lo renderà possibile.

The Gray Man arriverà il 22 luglio su Netflix, mentre in alcune sale cinematografiche d’Italia è già disponibile per la visione.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: The Gray Man

Durata: 122'

Data D'Uscita: 22 luglio 2022

Regia: Joe e Anthony Russo

Con: 

Ryan Gosling, Chris Evans, 
Ana de Armas, Regé Jean Page, 
Jessica Henwick, Billy Bob Thornton

Distribuzione: Netflix

Materiali Stampa: Netflix