Superman, la recensione: non un’origin story, ma il promettente inizio di un nuovo universo

Superman torna al cinema, senza tuttavia riproporci per l’ennesima volta la storia delle sue origini, e dividendo la critica… Ma cosa ci mostra e ci dimostra, allora, il supereroe dei supereroi diretto da James Gunn?

Attuale, vivace, appassionato: il nuovo Superman è arrivato, e che piaccia o no, è qui per dare una nuova direzione all’universo DC.

Sono passati ormai 12 anni dall’uscita di Man of Steel, il film di Zack Snyder che pure all’epoca aveva creato fazioni tra gli spettatori. L’estetica scura, l’atmosfera angosciante e i toni decisamente più dark della storia non si sposavano esattamente con l’immagine di Superman che avevano in molti, e l’uscita di successivi prodotti ambientati nello stesso universo come Batman v Superman e Justice League (entrambe le versioni) hanno solo aiutato a cementare l’idea che qualcosa non fosse andato per il verso giusto.

E se chiedete in giro, qualcuno tra chi ha già visto la nuova opera di James Gunn vi dirà sicuramente che non è ciò che si aspettava o sperava di vedere neanche in questo caso. Tuttavia, il nuovo Superman ha tanto a suo favore.

A partire da una fotografia molto più luminosa e dei colori più accesi che subito fanno tornare alla mente le pagine dei fumetti, il Superman con protagonista David Corenswet ci mostra già dai primi minuti il grande cuore di cui è dotato, nonché uno dei suoi maggiori punti di forza. E no, sebbene lo sia naturalmente anche lui, lo scene-stealer della pellicola, l’adorabile Krypto The Superdog, non stiamo riducendo tutto al suo personaggio.

Stiamo parlando dell’umanità e della capacità di essere vulnerabili di un eroe che, come metafora per niente sottile ma di certo efficace vuole, da immigrato e da “diverso” deve costantemente guadagnarsi la fiducia di un intero pianeta, fidanzata inclusa (una tagliente Lois Lane interpretata da Rachel Brosnahan), piuttosto diffidente (eppure, a volte, non abbastanza) e dalla memoria abbastanza corta, specialmente dopo le perfide macchinazioni dell’incorreggibile Lex Luthor (portato questa volta sullo schermo da un ficcante e no-nonsense Nicholas Hoult).

Dimenticatevi del tragicomico di “Martha” per indurre personaggi e spettatori a provare empatia: per quanto non manchino elementi grotteschi e scene dal gusto un po’ camp, le emozioni sono spontanee, tangibili, e riscontrabili in una schiera di volti, atteggiamenti e azioni.

E se Gunn ripesca proprio dal materiale cartaceo d’origine alcune delle trovate (la questione “occhiali”, ad esempio, venne affrontata allo stesso modo già negli anni ’70), e sono abbastanza chiare le sue ispirazioni, è il suo inconfondibile stile, nonché i temi a lui cari e riscontrabili in tante altre sue pellicole, a rendere Superman un cinecomic godibile ed entusiasmante. Non perfetto, badate bene. Non inattaccabile. Ma di certo, con un’anima pulsante e più che evidente. Proprio come il suo protagonista.

In Superman, spazio dunque a una varietà di personaggi che, si spera (ma sicuramente) impareremo a conoscere meglio con il tempo – qualcuno ha più occasioni di brillare di altri qui, come ad esempio Mr. Terrific/Edi Gathegi-; spazio tanto alla comicità quanto alla dialogicità; e, soprattutto, spazio all’imperfezione, al rigetto dell’invincibilità e delle certezze più arroganti, e spazio alla convinzione che sono le nostre scelte a far di noi ciò che siamo. Come Superman, in un modo o nell’altro, ci ha sempre dimostrato.

Il nuovo Superman dividerà (e sta già dividendo) il pubblico, ma distanziarsi il più possibile dal Man of Steel di Zack Snyder proponendone quella che per molti aspetti ne è fondamentalmente un’antitesi era forse l’unico modo per far ripartire l’universo DC al cinema, riportando anche un po’ di colore e calore nei cuori degli spettatori.

Superman è dal 9 luglio nelle sale italiane.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Superman 
Durata: 130′
Data d’uscita: 9 luglio
Regia: James Gunn
Con:
David Corenswet, Nicholas Hoult, Rachel Brosnahan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Edi Gathegi
Distribuzione: Warner Bros. Pictures

Thunderbolts* – La recensione: il MCU è morto, lunga vita al MCU!

Con l’uscita di Thunderbolts* nelle sale, il Marvel Cinematic Universe si appresta a salutare la sua fase più critica e criticata finora, la quinta, in grande stile. Vediamo insieme come un gruppo di sgangherati antieroi è riuscito a portare una più che necessaria ventata d’aria fresca in un universo ormai da tempo in fase di stallo, e a simboleggiarne la rinascita.

La storia del Marvel Cinematic Universe, specialmente nelle sue prime fasi, è ricca di successi, e su questo non ci piove. Che incontrino o meno il gusto personale dei singoli individui, è innegabile come tanti dei titoli sfornati dalla branca cinematografica della Casa delle Idee abbiano dominato la scena dell’intrattenimento negli ultimi 15 anni e più. E sebbene ultimamente l’interesse nei confronti dei nuovi prodotti targati Marvel fosse in calo, vuoi per una questione fisiologica, vuoi per una effettiva flessione qualitativa riscontrata tra la quarta e la quinta fase, è difficile pensare di essere vicini al tramonto di un universo così ricco di potenziale… Specialmente dopo Thunderbolts*.

Eppure, in un certo qual modo, è proprio Thunderbolts*, in arrivo il 30 aprile nelle sale, a rappresentare una sorta di rinascita creativa per il MCU, dopo una “morte” arrivata in seguito a una lenta e dolorosa agonia che a tratti dava segni di speranza per una ripresa, ma che si è solo protratta più del dovuto. Perché è vero che abbiamo avuto film come Guardiani della Galassia Vol. 3 o anche piccole perle televisive come WandaVision, ma è anche vero che abbiamo dovuto faticare non poco persino con titoli che tanto promettevano (qualcuno ha detto Doctor Strange nel Multiverso della Follia o Ant-Man and The Wasp: Quantumania?). Sarà forse per questo che molti avevano comprensibilmente perso quell’entusiasmo che li accompagnava ormai da tempo all’uscita di ogni nuovo capitolo della saga. Entusiasmo che tuttavia speriamo riacquisirete, come accaduto a noi, con Thunderbolts*.

Ci voleva proprio un gruppo di sgangherati antieroi a ricordarci perché amiamo tanto gli eroi (in particolare quelli Marvel), e a riportare alla memoria come queste storie e questi personaggi siano in grado di toccare le corde dei nostri cuori, di generare in noi più di una fragorosa risata o di una lacrimuccia inaspettata durante la visione di un film che, per tanti altri, rappresenta solo un’elaborata strategia di marketing.

In Thunderbolts* ritroviamo infatti alcuni fra gli elementi più “controversi” del MCU, a partire dal Soldato d’Inverno Bucky Barnes (Sebastian Stan), a cui si uniscono, tra gli altri, anche la spia russa Yelena Belova (Florence Pugh) e suo padre, il Super Soldato dell’Unione Sovietica Red Guardian (David Harbour), il secondo e poco longevo Captain America John Walker (Wyatt Russell) e l’ex spia dello S.H.I.E.L.D. Ava Starr a.k.a. Ghost (Hannah John-Kamen).

Un gruppo che definire outcast sarebbe un eufemismo; un insieme di persone dall’oscuro passato che hanno compiuto azioni più che discutibili, e che serbano in loro dolori così grandi che, a un certo punto della loro vita, hanno ritenuto che l’unico modo per silenziarli e tentare di farli scomparire fosse quello di “coprirli” utilizzando ogni mezzo a propria disposizione, non curandosi delle conseguenze.

È così che i loro destini sono arrivati a incrociarsi con quello di Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), ed è così che Thunderbolts* trova ragion d’essere. E, un po’ come accadde anche con Legends of Tomorrow – quella che potremmo definire la sua controparte DC nell’Arrowverse – questa pellicola ci permette di andare più a fondo, di esplorare l’intimità e la psicologia di personaggi che avevano chiaramente ancora tanto da dire e da dare, a prescindere dallo screen time ricevuto. Di personaggi, se vogliamo, anche più vicini a noi, perché più vulnerabili e “umani”.

In questa complicata vicenda, di certo non mancano i momenti drammatici, le incomprensioni, gli errori causati dalla paura. Ma è attraverso l’indagine del dolore e del trauma, l’accettazione di sé e dell’altro non come ostacoli, ma come sostegno e ausilio, e la giusta dosa di ironia, che nella storia firmata da Eric Pearson e Joanna Calo e girata da Jake Schreirer i nemici divengono insospettabili alleati, e che i Thunderbolts* diventano una squadra davanti ai nostri occhi: una squadra carica di carisma che sembra più che capace di caricarsi sulle spalle il peso del futuro del MCU, e alla quale presto si aggiungeranno tanti altri attesissimi personaggi per delineare quello che sarà un nuovo, elettrizzante capitolo di una saga transmediale ormai quasi ventennale.

Thunderbolts*, distribuito da The Walt Disney Company, è ora al cinema. E non dimenticate le scene post-credit! Ce ne sono due, e vi assicuriamo che non vorrete perdervele.

Laura Silvestri

Info
Titolo originale: Thunderbolts*
Durata: 116′
Data d’uscita: 30 aprile
Regia: Jake Schreirer
Con:
Florence Pugh, Sebastian Stan,
David Harbour, Wyatt Russell,
Olga Kurylenko, Hannah John-Kamen,
Julia Louis-Dreyfus, Lewis Pullman,
Geraldine Viswanathan, Chris Bauer, Wendell Edward Pierce
Distribuzione: The Walt Disney Company

La Sirenetta – La Recensione del live-action Disney: un nuovo racconto dai mari dal sapore familiare

La Sirenetta è pronta a salire in superficie e fare il suo debutto al cinema in versione live-action, con un cast stellare e la musica che amiamo da sempre… Ma tutto è diverso, seppur familiare. Andiamo in fondo al mar per scoprirlo.

Il 24 maggio è il tanto atteso giorno in cui si potrà vedere sul grande schermo uno dei titoli più discussi degli ultimi anni, il live-action Disney de La Sirenetta. Oggetto di svariate polemiche per differenti ragioni, dal casting ai cambi alla storia, dal character design dei personaggi alle modifiche ai testi delle canzoni, finora avevamo potuto dare solo delle occhiate fugaci al prodotto finito, ma il momento di giudicare con cognizione di causa è arrivato.

Attenzione: possono seguire leggeri spoiler (per quanto li si possa definire tali).

Diretto da Rob Marshall (Il Ritorno di Mary Poppins, Chicago, Into the Woods) e basato su una sceneggiatura di David Magee (Il Ritorno di Mary Poppins, Vita di Pi, Neverland – Un Sogno per la Vita), l’ispirazione principale è chiaramente il classico d’animazione Disney del 1989, da cui riprende gran parte degli elementi, ma fin da subito un concetto è chiaro: questo è comunque un film a sé… Come è giusto che sia.

Perché quando si tratta di portare in versione in carne e ossa amate storie dell’infanzia di molti come i classici Disney e ciò a cui si ispiravano, non si riesce mai ad accontentar tutti: c’è chi si lamenta che il retelling è troppo fedele al film d’animazione, chi non ammette aggiunte, tagli o modifiche; chi ne proclama l’inutilità ancor prima di vedere come è stato realizzato, chi dice che è solo un’operazione per far soldi e non c’è anima dietro… Le considerazioni, sterili o meno che possano essere, condivisibili oppur no, sono molteplici, sia a giochi fatti, che prima di poter anche solo iniziare la corsa.

Nel caso de La Sirenetta, come dicevamo, è stato più che mai così. Ma quanto visto al cinema, quale risposta dà in merito? Come si comporta a fronte di tutte queste conversazioni? Facendo il suo. Rischiando abbastanza? Sì. Riuscendo sempre alla perfezione? No. Con risultati accettabili? A voi il giudizio finale.

Quel che possiamo fare noi, è raccontarvi la nostra esperienza con il film, che è stata per lo più positiva, seppur con qualche riserva. Fin dall’inizio della visione, si è respirata l’atmosfera che un tempo era propria del classico d’animazione, con qualche interpolazione antica o moderna (suggestiva è la citazione dalla fiaba di Hans Christian Andersen che appare proprio al principio), e sebbene fin da subito si notino alcuni dei cambiamenti apportati, lo scarto non è così ampio come si possa pensare.

Colpisce in diversi momenti, ma purtroppo in negativo, la CGI, con una resa degli effetti visivi generale che non è delle migliori, e che può distogliere l’attenzione da ciò che invece funziona. Colpa di cui si macchia, in determinati casi, anche l’adattamento italiano, che tuttavia si può analizzare solo in parte, mancando la visione in lingua originale del film (su YouTube troviamo qualche clip dal film, ma ovviamente prendere solo quelle in considerazione implicherebbe, ad ogni modo, un giudizio parziale).

Va comunque fatto un discorso caso per caso in merito, perché se la coppia Yana C. e Sara Labidi (rispettivamente le voci nel cantato e nel parlato di Ariel) sembra adattarsi abbastanza bene all’interprete originale, Halle Bailey – che in barba a tutte le polemiche, ci mostra una Ariel sì naïf e sognatrice, al punto da far tenerezza, ma anche dal carattere forte e determinato, come d’altronde richiede il personaggio -, e la veterana Simona Patitucci (voce di Ursula nel live-action, ma doppiatrice di Ariel nel classico animato dell’89) sorprende per la sua versatilità nel passare dall’eroina alla villain della storia, Mahmood, a cui è stato affidato il difficile compito di doppiare Sebastian, non sempre sembra trovare la sua dimensione: buono nel rap con Scuttle (sì, c’è un brano rap che coinvolge due dei personaggi più amati, ed è anche piuttosto riuscito in italiano), meno incisivo in “In Fondo al Mar“, poco convincente nel parlato.

Un brano che, per quel che possiamo ipotizzare non avendolo sentito in originale (ma vogliamo fidarci di Lin-Manuel Miranda, che ha lavorato alla colonna sonora del film assieme ad Alan Menken), sembra risentire del passaggio da una lingua all’altra (questa volta più a livello testuale) è l’assolo di Eric (Jonah Hauer-King), personaggio che, invece, gode di maggiore approfondimento caratteriale nel live-action, e a cui vengono date motivazioni e una backstory da non disdegnare.

Manca poi la canzone atta a presentare le sorelle di Ariel, che qui hanno persino nomi differenti, ed è meglio non addentrarsi nel discorso su Re Tritone di Javier Bardem, che non è decisamente l’MVP della pellicola (quel titolo spetta di tutto diritto a Melissa McCarthy, con una spettacolare Ursula).

Ma, probabilmente, tra i dettagli che hanno fatto maggiormente notizia nelle settimane precedenti all’uscita del film, vi sono state le modifiche al testo di “Baciala” (“Kiss The Girl“), uno dei brani più caratteristici del film dell’89 e dell’intera discografia disneyana, che però vi farà piacere apprendere come in italiano sia in realtà molto fedele alla versione che tutti amiamo. Non temete, dunque, perché si tratta davvero di minuzie.

Lo stesso non si può dire di “Les Poissons“, il divertente inno dello chef Louis nel cartone… Che qui proprio non c’è. Nada. Nisba. Assente. Non pervenuto. Mettetevi l’anima in pace. Tranquilli, però: nessuno ci ha tolto l’arricciaspiccia, per cui il mondo può continuare a girare.

Insomma, tra modifiche, tagli e aggiunte (che, ribadiamo, non si può non aspettarsi in un qualsiasi progetto per il quale non sia un annunciato adattamento shot-for-shot, ovvero in maniera pedissequa, dell’originale), tra una polemica e l’altra, quel che rimane è il risultato finale. Questo può far storcere o meno il caso in alcuni punti (e qualche adjustment, anche tra quelli qui non menzionati, lo farà con tutta probabilità), ma alla fine della storia, chi andrà a vedere La Sirenetta al cinema si troverà davanti a un film godibile, con i suoi punti di forza e con i suoi difetti, ma di certo non da catalogare come “fallimentare”.

E, che vi piaccia o meno la nuova versione, uscirete comunque cantando dalla sala, e arriverete a casa che con tutta probabilità starete ancora fischiettando “In Fondo al Mar” e simili, proprio come un tempo eravate soliti fare dopo la visione del classico animato, e come le nuove generazioni avranno ora doppiamente modo di fare.

Con noi, a questo punto, vi diamo appuntamento alla prossima, e che dire… “È stato un piacioro!

Trovate La Sirenetta dal 24 maggio al cinema.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: The Little Mermaid

Durata: 135'

Data di Uscita: 24 maggio 2023

Regia: Rob Marshall

Con: 
Halle Bailey, Melissa McCarthy,
Jonah Hauer-King, Daveed Diggs, 
Jacob Tremblay, Awkwafina,
Javier Bardem

Distribuzione: Walt Disney Company

Citadel – Recensione e Incontro Stampa: Le Spie di Prime Video Invadono Roma

I produttori e il cast di Citadel hanno reso la città Eterna il loro luogo di ritrovo per un evento di portata globale: la nuova spy series di Prime Video è stata presentata in anteprima a Roma. Leggete il nostro rapporto della missione per sapere come è andata!

Rapporto missione Citadel. Roma, 21 aprile. Il cast e i produttori della nuova serie tv di Prime si recano in piazza della Repubblica. Ad attenderli una folla composta da addetti stampa, fotografi e studenti. La città è in fermento. Di seguito, quanto accaduto.

Niente CIA, niente FBI. Pesci troppo piccoli, “squadrette di serie B”, come fa notare anche l’agente Nadia Sinh interpretata da Priyanka Chopra Jonas. Qui, al centro di tutto, è Citadel, l’agenzia indipendente di spionaggio internazionale più rispettata e temuta, almeno da coloro che credono alla sua esistenza. Ma cos’è una leggenda se non una fiaba per della buonanotte per alcuni, un mito da sfatare per altri, e un obiettivo da annientare per chi, come l’organizzazione nota con il nome di Manticore, punta al predominio globale assoluto?

Queste le premesse della nuova serie TV in arrivo il 28 aprile su Prime Video, che vede tra le menti creative che vi hanno lavorato i registi del MCU Anthony e Joe Russo, la produttrice Angela Russo-Ostat e il produttore esecutivo David Weil, tutti presenti in sala durante la proiezione dei primi due episodi, assieme ai membri del cast principale Richard Madden, Stanley Tucci e Priyanka Chopra Jonas, in occasione dell’anteprima italiana dello show.

L’aspetto più interessante di Citadel risiede senz’altro nel concept stesso della serie, l’idea di un universo televisivo che partirà dalla serie madre, per poi espandersi con svariati spin-off inerenti a differenti location (sono già in sviluppo quello italiano, con Matilda De Angelis, e quello indiano). “Stiamo costruendo una comunità di storie e storyteller in tutto il mondo per raccontare un’unica grande storia” spiega Joe Russo, che in compagnia del fratello Anthony, hanno già avuto il difficile compito di sviluppare universi narrativi di incredibile portata.

E allora ecco che vediamo gettarne le basi fin dai primi, esplosivi minuti del primo episodio, in cui ci vengono presentati Mason Kane (Richard Madden) e Nadia Sinh (Pryianka Chopra Jonas), affiatata coppia di spie guidata da Bernard Orlick (uno Stanley Tucci che è sempre una garanzia), che tuttavia si ritroverà nei guai assieme all’intera organizzazione quando una missione apparentemente di routine innesca la loro disfatta e lo scioglimento forzato di Citadel… Almeno fino a 8 anni dopo, quando Mason, privo di memoria, ricompare sui radar amici e nemici.

Senza spoilerarvi troppo di ciò che vedrete sullo schermo, tra valigette da trovare, ricordi da recuperare e minacce da sventare, possiamo dirvi che non vi troverete certo di fronte il più originale dei prodotti di genere, anzi, tra omaggi voluti o meno, la natura di Citadel è piuttosto derivativa dei grandi titoli del passato e del presente, – da Bourne a Bond -. Non è dunque un’unicità di contenuto che va ricercata in questo show, quanto ciò che più può portarvi a seguire passo passo le avventure dei suoi protagonisti.

Tra le motivazioni principali, possiamo offrirvene noi un paio: la prima è senz’altro il cast dello show, che si prende gran parte del merito di un suo eventuale successo, e anche in caso di flop sarà comunque visto come una delle sue “saving grace“. Dopotutto, ciò che sanno fare meglio queste spie, oltre a darle di santa ragione (le scene d’azione non deludono, pur non facendo balzare lo spettatore dalla sedia) è interagire tra loro. Il trio Madden-Chopra-Tucci viene consolidato fin da subito – anche se Tucci è lì a guidarli da remoto per la maggior parte del tempo – e soprattutto le battute di quest’ultimo e come vengono eseguite contribuiscono ad elevare il livello d’intrattenimento.

La chimica tra le due spie di punta di Citadel è palpabile, anche se come coppia meritavano probabilmente un’origin story meno frettolosa (ma non è detto che non venga ampliata nei successivi episodi). È comunque chiaro come il loro rapporto sia alla base della storia, e c’è ancora tanto da scoprire al riguardo (Nadia sembra avere parecchio da nascondere, ma anche Mason può riservare ulteriori sorprese). E, tornando al discorso delle interpretazioni, le star di Quantico e di Game of Thrones sono più che azzeccate nei rispettivi ruoli. Madden, ad esempio, sembra avere tanto da dire in un ruolo che gli permette di dare prova di tutta la sua abilità attoriale: “Mason è questa spia incredibilmente figa, ma poi vediamo un lato totalmente diverso di lui. La sua memoria viene cancellata, e ci troviamo di fronte un uomo normale, con cui l’audience dovrà partire per un viaggio senza precedenti. Il pubblico vedrà attraverso i suoi occhi quello che è il mondo di Citadel, e scoprirà molto di più su di lui, Nadia e tutti gli altri giocatori in campo” anticipa l’attore.

Incuriosiscono, poi, i legami tra i vari personaggi; funziona il trope già collaudato della “spia tra le spie”, che vedremo dipanarsi nel corso dello show, e in generale vengono applicati tanti di quei cliché di genere – alcuni necessari e anche ben congegnati, altri meno – che si avrà sempre l’impressione di avere a che fare con qualcosa di familiare, anche quando Citadel prende una propria strada. Se questo, però, può essere visto come un bonus o un malus, sarà lo spettatore che dovrà deciderlo.

Tra gli appunti che potremmo fare a Citadel, almeno per quanto riguarda i primi episodi, il più pressante riguarda probabilmente il pacing: un ritmo così frenetico non giova alla narrazione, e soprattutto alla costruzione dei dialoghi, che spesso si riducono a dei botta e risposta ad effetto tra i personaggi per sostituire un’esposizione a tratti un po’ confusionaria, a tratti un po’ troppo “on the nose“. Ok che le spie vanno di fretta, ma non è sempre un bene rispecchiare questa caratteristica anche nel modo di raccontare la loro storia.

Detto ciò, resta da vedere come proseguirà lo show per poter giudicare al meglio. Non sappiamo come verranno sfruttate ambientazioni e tempistiche nei restanti episodi (ad esempio, si potrebbe argomentare che passiamo davvero poco tempo nelle varie location, ma probabilmente sarà a discrezione dei prossimi episodi e degli spin-off ampliare tutto in tal senso), né quanto verranno approfonditi i vari personaggi e le loro backstory (tuttavia, dovrà giocoforza essere un “di molto” la risposta a questa domanda), per cui allacciate le cinture, perché le spie di Citadel (e la sinistra Manticore) sono in agguato!

I primi episodi di Citadel saranno disponibili su Prime Video a partire dal 28 aprile, con un nuovo episodio in uscita ogni venerdì fino al 26 maggio.

Laura Silvestri

Info

Titolo: Citadel

Durata: 6 episodi

Data D'Uscita: 28 aprile 2023

Regia: Newton Thomas Sigel, Jessica Yu, 

Con: 

Richard Madden, Priyanka Chopra Jonas, Stanley Tucci

Distribuzione: Prime Video

Materiali Stampa: Prime Video, Laura Silvestri

Strange World – Un Mondo Misterioso: viaggio al centro della terra e del cuore con il nuovo film d’animazione Disney

Un mondo da esplorare, un pianeta da salvare, e tre generazioni a confronto: Strange World – Un Mondo Misterioso ci porta all’avventura prima di farci tornare a casa con il consueto stile Disney Animation, e nel frattempo ci fa riflettere anche su questioni non da poco.

Il 23 novembre è giorno di release globale per Strange World – Un Mondo Misterioso, l’ultima fatica di Disney Animation, gli studios che da anni ci regalano grandi avventure ed emozioni attraverso l’animazione, e che anche questa volta non sono da meno.

Chiamati all’appello per l’occasione il regista e il produttore di uno dei più bei film – nonché più sottovalutati – di casa Disney, Big Hero 6, Don Hall e Roy Conli, che assieme a Qui Nguyen (Raya e l’ultimo drago), co-regista e sceneggiatore della pellicola, ci presentano un racconto che tanto si ispira ai fumetti, ai film e all’intrattenimento pulp di tempi andati e non troppo (Amazing Stories, King Kong, Indiana Jones, Star Wars, ma anche un po’ Avatar ecc.) per portare però sul grande schermo una storia sempre attuale, ricca di insegnamenti e spunti di riflessione, e ovviamente pienza zeppa di azione e sentimenti.

Don mi ha presentato il pitch per il film circa quattro anni fa dicendomi ‘Hey, ho questa idea grandiosa di realizzare una sorta di ibrido tra Indiana Jones e National Lampoon’s Vacation’ e io ho subito detto ‘Oh, sembra divertente! E pieno d’avventura!’” ha raccontato Qui Nguyen durante la conferenza stampa romana del film “Perché quando scrivi qualcosa ti fai sempre tre domande fondamentali: 1) Quale sarà il motore dell’intrattenimento nella storia; 2) Dove troverai l’humor; e, cosa più importante di tutte 3) Dove sarà il cuore della storia. E al cuore di questo film c’è la storia multigenerazionale dei nostri protagonisti”.

Ecco allora che prende forma Strange World – Un Mondo Misterioso, dove l’agricoltore Searcher Glade (Jake Gyllenhaal in lingua originale, Marco Bocci nella versione doppiata) ha contribuito a creare una società che pone le basi su una fonte d’energia naturale, il pando, derivata da una pianta scoperta 25 anni prima degli eventi principali, durante una missione d’esplorazione. La stessa missione in cui il leggendario esploratore Jaeger Glade (Dennis Quaid in originale, Francesco Pannofino nella versione italiana) è scomparso nel nulla a seguito di un diverbio con il figlio (Searcher non voleva proseguire oltre, ma analizzare le proprietà di quello che sarebbe stato denominato pando, Jaeger voleva a tutti i costi scoprire cosa si celasse al di là delle montagne che da sempre circondavano Avalonia, rendendo impossibile andare oltre la terra conosciuta).

Ma ora il pando è in pericolo, e l’unico che può aiutare Avalonia a matenere la sua fonte d’energia è proprio chi lo ha scoperto, il massimo esperto al riguardo: Searcher… E la sua famiglia. Sì, perché al viaggio si uniranno anche la moglie Meridian (Gabrielle Union, Lucy Campeti) e il figlio Ethan (Jaboukie Young-White, Lorenzo Crisci), nonché l’adorabile cane a tre zampe Legend (il vostro cuore non si è già sciolto?).

Parte così il viaggio che condurrà i Glade e i loro compagni d’avventura (inclusi noi spettatori) alla scoperta di un mondo sotterraneo a loro sconosciuto, ma anche a inaspettati ritrovamenti e dovuti confronti di idee e mentalità, di aspettative e sogni, e al tempo stesso li porterà a riflettere su ciò che è giusto e sbagliato, ciò che è davvero meglio per sé stessi e per gli altri, e per il mondo che ci circonda e ci ospita.

Sono tante le tematiche affrontate in Strange World – Un Mondo Misterioso. Alcune evidenti e presentate in più modi, attraverso differenti declinazioni, come il discorso generazionale, l’importanza del riconoscere e accettare l’altro, del lavoro di squadra, ma anche della propria individualità, del seguire i propri sogni, e la paura di disattendere le aspettative di chi ci è caro; oppure il rispetto per l’ambiente, per la natura che ci dà vita e che è vita. Altre, inserite in maniera meno vistosa, senza troppa fanfara, come l’orientamento sessuale del più piccolo di casa Glade, di cui semplicemente non viene fatta una questione (come probabilmente sarebbe augurabile che fosse anche nella realtà).

Per quanto riguarda Ethan, quella è sempre stata l’idea, fin dall’inizio. Lo adoriamo, non vediamo l’ora che il mondo ne faccia la conoscenza” spiega Don Hall sempre in sede di incontro stampa “Noi facciamo film per tutti, il nostro pubblico è ogni singola persona sulla faccia della terra. E volevamo che questo film riflettesse il mondo, e che tutti potessero sentirsi rappresentati sullo schermo“.

A riassumere il tutto, il brano scritto e interpretato per la versione italiana del film da Federica Abbate e Michele Bravi, “Antifragili”, portatore di un affascinante concetto proveniente da un saggio dallo stesso nome dello scrittore libanese naturalizzato statunitense Taleb Nassim Nicholas, in cui, spiega Abbate viene detto che “Il contrario di forte e resiliente non è fragile, ma è antifragile, ed è una caratteristica tipica dei sistemi viventi di rigenerarsi in seguito ai traumi. Se una cosa uno la sbatte per terra e si rompe, è qualcosa di inanimato. Ma la caratteristica dei sistemi viventi rispetto al trauma è quella di rimarginarsi. E infatti nel pezzo, se ci pensate, diciamo ‘Noi siamo tutti per definizione antifragili’. Quindi tutti quanti noi possiamo rimarginarci e rinascere in un qualche modo“.

E vedrete, allora, come questo concetto si sposa alla perfezione con il film, e come, attingendo a una tradizione antica, a miti e leggende di un passato che non si dissolve mai veramente, ma su cui continuiamo a costruire narrazioni dopo narrazioni, lo si riesce a rendere sempre moderno e contemporaneo, specialmente grazie a delle animazioni e a delle intuizioni visive che evolvono senza sosta e ogni volta riescono a sbalordire il pubblico in sala, che con occhi sognanti immagina di essere proprio lì, con i personaggi della pellicola.

Abbiamo fatto molte ricerche relativamente ad alcune cose che vedete nel film (che non spicifichiamo per non spoilerarvi nulla), ma per quanto riguarda l’ambiente in generale, non avevo un’ispirazione visiva, un’idea concreta” rivela HallE per me questa cosa andava benissimo, anzi, era l’ideale. Perché ero entusiasta di poter dare ai nostri fantastici animatori e artisti una tela bianca su cui poter dipingere. E sapevo che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di speciale, ma non immaginavo fino a questo punto. Mi hanno tolto il fiato, hanno decisamente superato ogni mia aspettativa. Sono davvero fortunato, lavorare a Disney Animation è ciò che ho sempre voluto, adoro le persone con cui collaboro ogni giorno, e credo che questo film sia un prova di tutto ul loro talento“.

Strange World – Un mondo misterioso non vi farà forse piangere a dirotto già dai primi 15 minuti come Big Hero 6, e non sarà articolato quanto Encanto nel proporvi la complessità delle dinamiche familiari, ma non uscirete di certo insoddisfatti dalla sala, e anzi, tornerete a casa con una consapevolezza maggiore di ciò che siete, di chi siete, e del mondo e delle persone che vi circondano. E magari vorrete giocare anche voi a un gioco come quello che si vede nella pellicola, Primal Outpost, dove non ci sono dei veri cattivi (qualcosa che anche i nostri protagonisti dovranno realizzare), e il cui obiettivo va combaciare con uno dei temi portanti della nostra storia. E uno slime. Probabilmente vorrete uno slime.

Strange World – Un mondo misterioso è dal 23 novembre al cinema distribuito da Walt Disney Pictures.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Strange World

Durata: 102'

Data D'Uscita: 23 novembre 2022

Regia: Don Hall, Qui Nguyen

Con: 

Jake Gyllenhaal, Dennis Quaid, 
Gabrielle Union, Jaboukie Young-White, 
Alan Tudyk, Luci Liu

Distribuzione: Disney

Materiali Stampa: Disney 

Diabolik – Ginko all’attacco! Ovvero l’importanza di andare al cinema

Diabolik torna sul grande schermo con la seconda avventura targata Manetti Bros., un nuovo volto (quello di Giacomo Gianniotti) e la promessa di un ulteriore appuntamento cinematografico. Questo è Diabolik – Ginko all’attacco!

Il 17 novembre arriva nella sale Diabolik – Ginko all’attacco!, secondo film dedicato al ladro dai mille volti nato dalla fantasia delle sorelle Giussani. E anche questa volta sono due fratelli a dargli vita sul grande schermo, i Manetti Bros., che dirigono il sequel-non-sequel con protagonista Giacomo Gianniotti (subentrato nel ruolo dopo l’addio di Luca Marinelli, interprete del personaggio nella precedente pellicola).

Questo film non è un seguito, non è un sequel. Diabolik è un personaggio come James Bond, Batman, Sherlock Holmes, ovvero personaggi universali, e quindi l’idea è quella di raccontare un’altra storia, di realizzare un altro film. Quindi per noi non è un sequel, ma semplicemente un altro film” spiega Marco Manetti durante la conferenza stampa in occasione della presentazione del film a Roma, nella splendida cornice del nuovo Cinema Barberini.

E in effetti i connotati di “un altro film” come lo intende Manetti, Diabolik Ginko allattacco li ha, a partire per l’appunto dal diverso interprete per Diabolik. Ma portando la stessa firma del precedente, vi è continuità nello stile, nel tono, e va detto, anche in ciò che non funzionava con il primo lungometraggio.

Il ritmo prolisso, l’impostazione rigida, l’eccessiva esposizione dei fatti e quel tocco in più di kitsch che sfocia nell’eccesso non aiutano l’assimilazione di un film che, dal punto di vista estetico, dà invece tanto e dimostra tutta la maestria italiana nell’ambito della settima arte.

Se, infatti, la pellicola va premiata per restituirci una così fedele rappresentazione visiva di ciò che era il Diabolik dei fumetti e del suo spirito (l’albo che funge da ispirazione qui è il sedicesimo), se vanno assolutamente elogiati dipartimenti come quello dei costumi e della scenografia, se possiamo udire delle musiche scelte ad hoc – in questo film, oltre all’operato di Pivio e Aldo De Scalzi abbiamo anche il contributo di Diodato con un brano originale composto appositamente per il lungometraggio – abbinate anche alle distintive coreografie di Luca Tommassini, si fa ancora fatica a giungere al termine di quei 111 minuti senza remore, senza pensare che non si potesse sistemare (più di) qualcosa qua e là (specialmente in termini di dialoghi).

Per quanto riguarda i protagonisti della vicenda, Gianniotti si dimostra un Diabolik più calato nel ruolo e meno stoico di quello di Marinelli, e Miriam Leone conferma il suo essere la scelta perfetta per la parte di Eva Kant, che anche qui trova il modo di risaltare rispetto ad altre figure e si impone come uno dei migliori personaggi del film; sembrano funzionare in buona misura anche le nuove aggiunte, come il personaggio interpretato da Alessio Lapice, Roller, e la Duchessa Altea di Monica Bellucci, che ci permette di vedere un altro lato del Ginko di Valerio Mastandrea (tuttavia quest’ultimo, sebbene questa volta sia addirittura tra i personaggi titolari, paradossalmente sembrava brillare di più e sostenere maggiormente il peso della pellicola nel precedente appuntamento cinematografico).

Non dimentimentiamoci infatti di uno dei temi principali della pellicola, come rimarcano anche gli stessi registi: si tratta un film all’insegna dell’amore, dell’amore tra Ginko e Altea, ma anche di quello tra Diabolik e Eva, entrambi messi costantemente alla prova dalle circostanze, ma con differenti declinazioni ed esiti.

Nel primo film Diabolik impara ad amare, incontrando Eva. Questa era la storia del precedente capitolo, in cui un essere disumano e glaciale come Diabolik incontra questa donna totalmente complementare a lui che gli insegna l’amore, e nel secondo Giacomo (Gianniotti) gli ha dato quell’anima che c’era bisogno che in questa storia ci fosse. Per cui questo è un Diabolik che ama e che si contrappone alla coppia di Ginko e Altea, che si amano tantissimo, ma che schiavi dell’immagine, delle regole della società, non possono esprimere il loro amore con la stessa libertà di Diabolik ed Eva” conviene ancora Marco Manetti.

É pertanto interessante vedere sullo schermo l’evoluzione di personaggi appartenenti ad un’epoca differente, con caratteristiche chiaramente anacronistiche rispetto ad oggi, ma in un qualche modo sempre impregnati di universalità, in cui ci si può sempre, almeno in parte, rispecchiare (speriamo non quella della propensione alle rapine e le uccisioni, chiaramente).

Diabolik – Ginko all’attacco! non sarà forse una delle visioni più scorrevoli che potreste trovare in circolazione, dunque, ma oggi più che mai non sbaglieremmo nel dire che è estremamente importante dare una chance a questo titolo, perché al di là di quelli che possono essere i suoi difetti (percepiti o effettivi), rappresenta comunque un grande passo avanti nella produzione cinematografica italiana.

Se vogliamo che il cinema nostrano progredisca, se vogliamo che osi di più, che non ci offra solo cinepattoni e simili (i quali, nonostante tutto, non si possono privare dei loro meriti), se vogliamo pensare in grande e fare altrettanto, non si dovrebbero ignorare produzioni come Il Primo Re o lo stesso Diabolik – per prendere come riferimento due diversissimi prodotti del cosidetto cinema di genere di fattura italiana – e ovviamente sarebbe augurabile non ignorare il secondo e il terzo film (quest’ultimo già girato e prossimanente in arrivo) dedicati al ladro dagli occhi di ghiaccio.

Poi, naturalmente, ognuno fa quel che vuole, ci mancherebbe. Ma andare al cinema è difficilmente una cattiva idea, non trovate?

Diabolik – Ginko all’attacco! è dal 17 novembre al cinema grazie a 01 Distribution.

Laura Silvestri

Info

Titolo Originale: Diabolik - Ginko all'attacco!

Durata: 111'

Data D'Uscita: 17 novembre 2022

Regia: Manetti Bros.

Con: 

Giacomo Gianniotti, Miriam Leone,
Valerio Mastrandea, Monica Bellucci,
Alessio Lapice, Linda Caridi

Distribuzione: 01 Distribution

Materiali Stampa: 01 Distribution